La spinta di Bpm su Carigenova Vertice tra Giarda e Malacalza
Le fusioni: l’Ubi fa i conti con il Banco Popolare. Sede a Brescia. Il nodo dei presidenti
La trasformazione di Ubi Banca da popolare a spa e la dichiarazione esplicita del Ceo Victor Massiah di stare parlando con il Banco Popolare («ma anche con altri», ha aggiunto) ha impresso un’accelerazione al risiko delle aggregazioni. E la prima a raccogliere la sfida è la Popolare di Milano. «Il nostro desiderio è fare la spa e l’aggregazione all’assemblea di aprile», ha detto il consigliere delegato di Bpm, Giuseppe Castagna. «Ci siamo rimessi in forma e siamo il partner ideale per molte altre banche. Stiamo esaminando delle possibilità e siamo molto propensi ad accelerare i tempi, per quanto possibile, e arrivare quanto prima a una aggregazione». Il 56enne banchiere è stato esplicito: «Tra le banche popolari che devono trasformarsi ci sono banche lombarde, ma guardiamo ad ampio spettro anche in altre regioni». Nel mirino di Piazza Meda ci sarebbero la stessa Ubi, il Credito Valtellinese (Creval) ma soprattutto Carige.
In netto vantaggio gioca comunque Ubi. Nonostante ufficialmente non abbia ancora nominato un advisor (pur essendo il Credit Suisse molto vicino all’istituto), vari punti fermi nelle trattative tra Bergamo e Verona (assistita da Merrill Lynch e Mediobanca) ci sarebbero già. Addirittura qualcuno si spinge a ipotizzare un annuncio verso Natale. Ad oggi lo schema prevederebbe uno scambio azionario a valori di mercato, un criterio che fa pendere la bilancia dalla parte di Ubi, che in Borsa capitalizza 6,1 miliardi mentre il Banco è a quota 4,9 miliardi. La sede dovrebbe essere spostata a Brescia, a metà tra Bergamo e Verona, eventualmente con uno sdoppiamento tra sede legale e operativa.
Anche il tema del capoazienda sarebbe già stato smarcato: Massiah diventerebbe il Ceo della futura Ubi-Banco mentre l’adozione del sistema duale dovrebbe favorire una rappresentanza di entrambe le banche pre-fusione. L’attuale amministratore delegato del Banco, Pier Francesco Saviotti, lascerebbe la guida operativa forse rimanendo in consiglio. Perno della nuova governance sarebbero le due fondazioni di Ubi, cioè la Cr Cuneo e la Banca del Monte di Lombardia. In particolare Cuneo, come ha ricordato il presidente Enzo Falco all’assemblea a Brescia, ha investito in Ubi 455 milioni tra il 2,23% diretto e il 25% circa della Banca Regionale Europa, che potrebbe scambiare con nuove azioni della capogruppo. Fra i punti più delicati ancora da sciogliere comunque c’è quello delle presidenze: sarà inevitabile il passo indietro di almeno uno tra Franco Polotti (consiglio di gestione Ubi), Andrea Moltrasio (consiglio di sorveglianza, Ubi) e Carlo Fratta Pasini (Banco Popolare). Tuttavia i giochi sono ancora aperti. Dentro il fronte veronese c’è dibattito e non tutti non sarebbero ancora convinti.
Lo sguardo di Ubi è rivolto anche verso Milano, visto che tutti giocano almeno su due (se non più) tavoli, anche se la combinazione Bpm-Ubi viene vista come meno probabile. Ma l’istituto di Piazza Meda, abbandonato il tavolo con Bper, starebbe sondando la possibilità di un’aggregazione con Carige. L’istituto genovese ha ormai trovato un suo assetto attorno alla famiglia Malacalza, azionista al 17%. Venerdì scorso ci sarebbe stato un incontro tra Malacalza e il presidente del consiglio di sorveglianza di Bpm, Piero Giarda. Bpm ha dalla sua la forte valutazione – 4 miliardi, +60% in un anno - ma nella nuova banca, pur diluito, Malacalza rimarrebbe comunque l’azionista di riferimento. Ferma restando la condizione della sede a Milano, Castagna avrebbe riferito ai suoi interlocutori e agli advisor (Bpm ha scelto Lazard e Citi) di essere anche pronto a farsi da parte, se servisse a favorire un progetto industriale. Il capoazienda sarebbe dunque Montani.
Anche ai sindacati – che a Milano ancora contano – il matrimonio Carige-Bpm potrebbe non dispiacere. Tuttavia bisognerà vedere se Malacalza cederà al corteggiamento: chi lo conosce sostiene che la sua posizione, al momento, è di concentrarsi sulla gestione ordinaria della banca; tra qualche mese, si vedrà. L’altra direttrice per Bpm porta in Valtellina. Ma a Sondrio resta forte il tema del localismo, e prima di lasciare la valle gli uomini del Creval vogliono essere certi che il matrimonio con la Popolare di Sondrio non si possa davvero fare.
L’accelerazione Castagna, Bpm: «Il nostro desiderio è fare la Spa e l’aggregazione all’assemblea di aprile» I sindacati Il matrimonio Carige Bpm non dispiacerebbe ai sindacati che guardano alle mosse di Malacalza