Tre artisti con percorsi diversi «Les italiens» tra luce e colore
De Nittis, Boldini e Zandomeneghi al centro della mostra
Un mondo dorato, frivolo, scintillante. Fatto di riti mondani e sociali, salotti, caffè e ritrovi eleganti, convegni amorosi, passeggiate all’aria aperta. Il mondo della Belle Époque, che tradizionalmente si fa andare dal 1880 circa allo scoppio della Prima Guerra Mondiale: epicentro, la modernissima capitale francese, la Ville Lumière, cuore artistico, culturale e modaiolo dell’intera Europa.
Celebra questo ambiente e questo momento la mostra Belle Époque. La Parigi di Boldini, De Nittis e Zandomeneghi, in apertura il 23 ottobre allo spazio Gam Manzoni. In esposizione 27 pezzi ben scelti e di gran qualità, alcuni inediti o non visti da tempo, dei tre cosiddetti «Italiens de Paris» e di qualche altro autore, come Mancini e Corcos. Perché sono tanti a fine ‘800 gli artisti del Bel Paese che cercano ispirazione a Montmartre e dintorni. Rari invece quelli che compiono la scelta radicale di risiedervi stabilmente, stringendo rapporti con galleristi e artisti locali e riscuotendo grandi successi di critica e di mercato: i principali sono proprio il pugliese Giuseppe De Nittis (1846-1884), l’emiliano Giovanni Boldini (1842-1931) e il veneziano Federico Zandomeneghi (1841-1917). La rassegna, a cura di Francesco Luigi Maspes ed Enzo Savoia con il contributo di Nicoletta Colombo e Stefano Bosi, ricompone le personalità dei tre maestri, ciascuno a suo modo testimone eccellente di un’atmosfera e di un contesto storico.
In contatto con la rivoluzione impressionista, che in quegli stessi anni si affaccia al panorama dell’arte, ma al tempo stesso autonomi, distanti da quel linguaggio senza esserne subalterni. «Dei tre quello che ammiro di più è Boldini — confessa Enzo Savoia —. Perché sviluppa intuizioni che vanno oltre: con le sue sperimentazioni pittoriche, con il turbinio vorticoso delle sue pennellate che ricercano effetti di movimento ai limiti dell’astrazione, annusa già l’aria novecentesca delle avanguardie, addirittura le ricerche futuriste». E se, per amor di successo, cede in qualche momento alle lusinghe del mercato e ai vincoli imposti dal gallerista Goupil, Boldini trova poi nel ritratto la sua espressione più congeniale e personale. Ritratto femminile, ça va sans dire. Dame aristocratiche, bellissime, seduttive e provocanti, come raccontano in mostra la Contessa de Rasty, stagliata con l’abito rosso in un interno indefinito, o il Nudo di donna con calze nere, molto osé per l’epoca, esempio di una produzione che l’artista teneva per sé. «Inizia la sua carriera nella scuderia di Goupil anche De Nittis, che nel 1874 espone alla prima mostra degli Impressionisti nello studio del fotografo Nadar. È molto avanti. Poi però segue la sua strada: raggiunge il massimo nella ricostruzione d’ambiente e nelle vedute urbane, scene di taglio fotografico e moderno in cui coglie il movimento della metropoli, il via vai, la verve, l’effervescenza della vita contemporanea».
Si vedano Flirtation, Passeggiata con i cagnolini, Leontine in canotto, in cui rivela straordinaria abilità nel cogliere le vibrazioni cromatiche della luce naturale. Un piccolo capolavoro Il kimono color arancio, acceso e seducente tributo alla moda del japonisme. «Zandomeneghi invece vive più appartato, anche per il carattere scontroso e riservato. Amico di Degas, attratto da Renoir, si dedica ad un ritratto femminile di genere intimista, meno modano e appariscente», dice lo specialista. Dipinti come La psyché o Entre amies rivelano un linguaggio misurato e piacevole, dove felici ricerche coloristiche si uniscono al perdurare di una definizione plastica ancora solida e tradizionale.
L’attrazione Molti vanno a caccia di ispirazione nella metropoli francese, pochi decidono di trasferirsi, riscuotendo grandi successi di critica e di mercato