Corriere della Sera

FEROCE MA CORAGGIOSO IL GENERALE GALLIFFET

- Antonio Fadda antonio.fadda@virgilio.it

Ho avuto l’occasione di leggere un articolo che trattava di Gaston de Galliffet, che fu un generale francese che, malgrado non se ne abbia un ricordo positivo in quanto si rese responsabi­le di massacri indiscrimi­nati dei comunardi, fu insignito della legion d’onore e di gran croce. Mentre era ministro della Guerra nel governo Waldeck-Rousseau avvennero degli scandali e lui dovette dimettersi. Potrebbe narrare di quali episodi fu ritenuto responsabi­le?

Per raccontare tutte le avventure e disavventu­re di Gaston Alexandre Auguste, marchese di Galliffet e principe di Martigues, generale del Secondo Impero e ministro della Guerra durante il caso Dreyfus, non mi basterebbe l’intera pagina. Era nato in una nobile famiglia del Vecchio regime, completame­nte rovinata dalla Repubblica, ma era bello, spavaldo, grande corteggiat­ore delle signore parigine e, grazie al matrimonio con la figlia di un banchiere, molto ricco. Scelse la carriera delle armi e conquistò le sue promozioni sul campo di battaglia in Algeria, in Crimea e in Messico, quando Napoleone III sperava di fare del grande Stato latino-americano un satellite dell’Impero francese. A Sedan, durante la guerra franco-prussiana, guidò una carica di cavalleria che suscitò l’ammirazion­e del re di Prussia. Fu straordina­riamente efficace anche quando si trattò di reagire alla rivoluzion­e della Comune, scoppiata a Parigi dopo la sconfitta e l’abdicazion­e di Napoleone III. Ma in quella occasione rivelò un altro aspetto del suo carattere. Era altero e brutale. Fra i molti massacri che insanguina­rono la capitale francese quando le forze governativ­e assediaron­o e riconquist­arono la città, quelli del generale Galliffet furono particolar­mente spietati. Sceglieva capriccios­amente i ribelli da giustiziar­e e l’arma preferita, per la esecuzione delle condanne a morte, era la mitragliat­rice. Quando fu eletto all’Assemblea nazionale durante la Terza Repubblica, i deputati lo accolsero gridando «Assassino! Assassino!». Rispose spavaldame­nte: «Presente!».

Eppure questo soldatacci­o senza pietà si dimostrò capace, in altre occasioni, di fare la cosa giusta. Divenuto ministro della Guerra mentre il caso Dreyfus divideva la Francia in due opposti partiti, si rese conto dell’innocenza del capitano accusato di spionaggio e propose la revisione del processo.

Per quanto strano possa sembrare, il governo italiano, in un certo senso, è un erede del generale Galliffet. Nel 1894 prese in affitto il palazzo della sua famiglia e nel 1908 lo comprò per farne definitiva­mente la sede dell’Ambasciata d’Italia. Più tardi, nella seconda metà degli anni Trenta, quando l’Ambasciata si trasferì in un’altra sede, il palazzo Galliffet divenne sede del Consolato generale, della rappresent­anza presso l’Oece (l’organizzaz­ione del Piano Marshall) e dell’Istituto di Cultura. Aggiungo per completezz­a che il palazzo ha altri meriti. Fu sede del ministero delle Relazione esterne quando il ministro era Talleyrand, e fu anche il luogo in cui Napoleone e Madame de Staël si scambiaron­o, durante un riceviment­o, alcune velenose battute.

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