Manovre salvavita Le nuove linee guida
Bisogna chiamare il 118 o il 112 e cominciare subito la rianimazione. Se non si sa come fare un operatore ci può guidare attraverso il telefono
Se vedete una persona accasciarsi improvvisamente a terra, intervenite subito e chiamate i numeri di emergenza 118 o 112. Saranno gli operatori delle centrali a guidarvi nelle diverse fasi del soccorso. Per il comune cittadino (meglio ancora se addestrato), la chiamata d’aiuto da fare immediatamente per avviare la cosiddetta dispatcher-assisted CPR o telephone CPR, cioè la rianimazione cardiopolmonare guidata per telefono dall’operatore,è la novità più importante delle nuove Linee guida internazionali sulla rianimazione cardiopolmonare (2015), appena pubblicate a Londra. Nella precedente edizione, infatti, non era consigliato un coinvolgimento così diretto del «passante». Un messaggio molto chiaro, come ha sottolineato Maaret Castren, la presidente dello European resuscitation council: «La rianimazione effettuata da chi è testimone dell’evento aumenta di 2-3 volte la percentuale di sopravvivenza di chi va incontro a un arresto cardiaco, ma ciò avviene solo in 1 caso su 5. Se riuscissimo a incrementare questo tasso, ogni anno in Europa potremmo salvare 100 mila vite in più ».
La chiamata di aiuto è così entrata a far parte a tutti gli effetti della «catena della sopravvivenza» ( vedi grafico, ndr), l’algoritmo che spiega cosa è meglio fare in caso di arresto cardiaco. Le azioni descritte nei quattro anelli - se eseguite in modo corretto - spesso fanno la differenza tra la vita e la morte di una persona. Non solo. Decidono anche della qualità della sua vita futura. Il 19 settembre scorso, una catena della sopravvivenza «da manuale» ha salvato Alessandro Pagani, un giocatore 21enne crollato in campo per un arresto cardiaco mentre disputava la finale di un torneo di basket a Manerbio (Brescia).
Dietro l’apparente semplicità del messaggio, i quattro anelli della catena della sopravvivenza hanno alle spalle un lavoro medico-scientifico enorme, svolto ogni cinque anni dall’International Liaison Committee on Resuscitation (Ilcor, nato nel 1992 come tavolo tecnico delle principali organizzazioni scientifiche sulla rianimazione). Una volta pubblicate, ogni Paese le adatta alle esigenze locali. In Europa ci pensa lo European resuscitation council (Erc), mentre da noi se ne occupa l’Italian resuscitation council (Gruppo Italiano per la Rianimazione, Irc). Insomma, i quattro anelli sono solo la punta dell’iceberg.
«Le Linee guida sono “raccomandazioni” che emergono da un processo lungo — spiega Giuseppe Ristagno, responsabile del Comitato scientifico di Irc che ha collaborato alla stesura delle Linee guida europee — . Per ogni specifico argomento è stato studiato tutto quello che esiste dal punto di vista della letteratura scientifica. Poi le varie pubblicazioni sono state classificate in base al livello di qualità, al tipo di studio e alla numerosità dei pazienti in modo da selezionare i più rilevanti. Le Linee guida, in realtà, sono destinate ai sanitari, però ci sono alcuni capitoli dove si danno indicazioni che riguardano il personale cosiddetto “laico”, cioè la popolazione generale che non ha un addestramento appropriato o perlomeno di livello base». I risultati formano undici capitoli che sviscerano ogni singolo aspetto della rianimazione cardiopolmonare compreso l’educazione nelle scuole, le tematiche di ordine etico e le decisioni sul fine vita.
Senza entrare troppo negli aspetti tecnici, il testimone di un arresto cardiaco deve avere ben chiari alcuni elementi: «Le Linee guida incoraggiano tutti quegli strumenti che permettono di iniziare prima possibile le manovre salva-vita — sottolinea Niccolò Grieco cardiologo e segretario del Consiglio direttivo di Irc —. Nel caso della rianimazione guidata per telefono, ad esempio, si è appurato che è comunque meglio fare eseguire le manovre anche a distanza piuttosto che perdere tempo aspettando l’arrivo di una persona già addestrata».
Così se pure le raccomandazioni europee specificano la profondità ideale (5-6 centimetri) e il ritmo (100-120 compressioni al minuto) del massaggio cardiaco o il rapporto tra massaggio e respirazione bocca a bocca (30 compressioni e 2 ventilazioni), non bisogna preoccuparsi ma agire. «Se si ha paura della respirazione bocca a bocca, bastano anche solo le compressioni toraciche — dice Grieco —. Se si hanno dubbi sulle compressioni, basta chiamare il 118 o il 112 e un operatore ci guiderà via telefono. L’obiezione che sento fare da molti nei corsi di rianimazione cardiopolmonare è: ma se la faccio male? Per me che sono dottore scatta una responsabilità professionale. Ma il cittadino qualunque non è tenuto a saperla fare». E la paura di procurare danni con il massaggio? «Non ha senso perché stiamo parlando di una persona, la vittima dell’arresto cardiaco che, se non interveniamo, muore —risponde Grieco —. Anche il timore di conseguenze legali non ha fondamento. La normativa italiana ci protegge in caso di stato di necessità: qualunque manovra volta a preservare la vita non è in nessun modo punibile».
Lo stesso vale per l’utilizzo dei defibrillatori semi-automatici, gli apparecchi in grado di fare ripartire con una scossa elettrica il cuore in caso di fibrillazione ventricolare. Sono dispositivi sicuri e le Linee guida 2015 sottolineano ancora l’importanza del loro uso precoce, eventualmente
inizia la rianimazione cardiopolmonare SOPRAVVIVENZA DOPO UN ARRESTO CARDIACO
Non aver paura di sbagliare. Meglio agire istruiti da lontano che non fare niente
con l’aiuto dell’operatore del 118. Il soccorritore «laico» o anche il semplice testimone occasionale sono maggiormente coinvolti anche nell’effettuazione di un elettrocardiogramma.
«Fino ad oggi era di esclusiva pertinenza del personale sanitario, medico e infermieristico — chiarisce Grieco — . Le Linee guida sanciscono che in realtà chiunque venga formato ad usarlo, può farlo. Un passo avanti importante».
Nella relazione di cura si è passati da un approccio centrato sul medico a quello centrato sul paziente, con maggiore attenzione alla autonomia del paziente stesso: il capitolo delle Linee guida dedicato ai principi etici sulla rianimazione cardiopolmonare e alle decisioni alla fine della vita, le Linee guida 2015 tiene conto di questa novità. «Un’attenzione molto prudente, ma c’è — precisa Giuseppe Gristina, anestesista rianimatore esperto di bioetica che ha curato la traduzione del capitolo — . Questo fa la differenza sia per quanto attiene l’appropriatezza della rianimazione cardiopolmonare in specifici gruppi di pazienti, sia per l’importanza della corretta allocazione delle risorse». In altre parole, le Linee guida invitano a dare il giusto peso alla volontà del paziente - laddove espressa - su un intervento che non si esaurisce con le manovre rianimatorie e anche a considerarne l’impatto economico sul sistema. Si rimarca poi una «significativa variabilità» nei vari Paesi europei nell’approccio alla rianimazione e al tema del fine-vita. Di qui la necessità di armonizzare normative e giurisprudenza sul tema.