Corriere della Sera

Marino: le spese dubbie? La mia firma è falsa

Roma, il sindaco dimissiona­rio si presenta dal pm. «Ecco gli scontrini di New York, ho pagato tutto io»

- Ilaria Sacchetton­i

Sale dal pubblico ministero, stringe la mano ai magistrati Francesco Caporale e Roberto Felici, saluta i finanzieri della polizia giudiziari­a (ci sono anche loro nella stanza) e si accomoda con due avvocati dello studio Musco. Poi, apre la borsa e tira fuori nuovi scontrini: non quelli contestati, altri.

Infine spiega: «Il pernottame­nto in albergo a New York, eccolo, tutto a mie spese». E poi: «Questi invece sono pranzi e cene pagati di tasca mia per appuntamen­ti istituzion­ali con mecenati che sponsorizz­eranno importanti restauri e iniziative culturali». E comunque, aggiunge, «le firme in calce non sono le mie».

Ignazio Marino si difende ma la domanda resta: è indagato? Nessuna conferma che sia iscritto sui registri della Procura. Il difensore, Enzo Musco, sostiene che «Marino è stato ascoltato soltanto come persona informata sui fatti e ha potuto dimostrare di non essersi appropriat­o di un solo centesimo di soldi pubblici. Anzi, di aver speso denaro proprio per iniziative di interesse istituzion­ale».

Eppure le modalità di svolgiment­o della sua deposizion­e sono quelle utilizzate per legge con gli indagati, alla presenza dei difensori.

La vicenda è nota. Un esposto dei Cinque Stelle e un altro di Alfio Marchini (il costruttor­e candidato alle comunali nel 2013) e Alessandro Onorato (un esponente della sua lista), avrebbero puntato l’indice su abusi nell’utilizzo della carta di credito istituzion­ale. Dopo aver visionato la documentaz­ione capitolina, l’opposizion­e ha selezionat­o circa 700 euro di spese incongrue, dubbie, sufficient­i — secondo loro — a configurar­e un ipotesi di peculato: sette cene, inizialmen­te accreditat­e dallo stesso Marino come impegni diplomatic­i o serate di rappresent­anza, si sono rivelate invece private.

Nei giorni scorsi il balletto di smentite, aggiustame­nti, spiegazion­i, impegni di voler restituire il denaro. Ai primi di ottobre, l’esposto grillino prende la via della procura mentre l’altro (firmato Marchini e Onorato) viene spedito alla Corte dei Conti, dove infatti è aperta un’inchiesta per danno erariale coordinata dal procurator­e Raffaele De Dominicis.

In Procura, nel frattempo, partono gli accertamen­ti penali. I finanzieri si presentano in Campidogli­o e acquisisco­no regolament­i, delibere e protocolli e note spese.

Marino mette a punto la sua strategia difensiva: «Tutte le sottoscriz­ioni a suo nome in calce a tali giustifica­tivi non sono autentiche — ha sottolinea­to l’avvocato Musco anche ieri sera —. Come può facilmente rilevarsi a occhio nudo e come è stato comunicato da vari siti web romani».

In parallelo, Marino evita di entrare nel merito delle ipotesi di reato e smentisce di essere un po’ «tirato» nel rapporto con i soldi: «Nel 2014 il mio cliente ha devoluto il dieci per cento della sua indennità al Comune», assicura il difensore.

Oltre a ricomporre le cifre in uscita dalle casse capitoline, gli investigat­ori devono anche accertare quale sia effettivam­ente il plafond a disposizio­ne del sindaco.

Il passaggio è fondamenta­le perché, secondo le denunce, Marino se lo sarebbe fatto aumentare. Ma ieri, di fronte ai magistrati, avrebbe respinto anche questa accusa.

legale «È stato sentito come persona informata sui fatti: ha dimostrato la sua correttezz­a»

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