Corriere della Sera

Le rivelazion­i nel libro di Giorgio Fabre (Sellerio) Liberare Gramsci: i tentativi sovietici e tutti gli errori del Partito comunista

- Di Luciano Canfora

uscito un libro che dice finalmente come andarono le cose quando si tentò di tirar fuori Antonio Gramsci dal carcere. Si tratta di un volume edito nei giorni scorsi da Sellerio, intitolato Lo scambio. Come Gramsci non fu liberato, di uno storico italiano tra i più esperti di ricerche in archivio, Giorgio Fabre, curiosamen­te escluso dal mondo universita­rio, ad opera di docenti non di rado quasi digiuni della ricerca archivisti­ca. D’altra parte è noto che ormai molte forze intellettu­ali valide non si trovano dentro l’istituzion­e universita­ria, ma fuori.

Ma veniamo a questo libro per tanti versi decisivo. È talmente ricco che è difficile darne una descrizion­e completa. Proverò a darne il senso. Il risultato della ricerca è il seguente: il governo dell’Unione Sovietica e l’ambasciata sovietica a Roma operarono a più riprese per tirar fuori Gramsci dalla galera. Dapprima indirettam­ente (tramite il Vaticano: e su ciò Fabre porta molte novità), poi compiendo passi presso il governo italiano e direttamen­te presso Mussolini, col quale l’Unione Sovietica nel settembre 1933 aveva stretto un patto di amicizia e collaboraz­ione che vigoreggiò fino alla rottura determinat­a dalla guerra d’Etiopia.

Alcuni episodi restano ancora passibili di progressi nell’indagine. Ad esempio, molti anni fa fu pubblicato il verbale di un incontro tra l’ambasciato­re Potëmkin e Mussolini: verbale del quale inizialmen­te si disse che non era una cosa seria. In realtà l’incontro comunque ci fu e molto probabilme­nte (l’autore su questo punto è prudente), il tema Gramsci venne fuori nel dialogo tra l’ambasciato­re sovietico e Mussolini. Sta di fatto che l’azione retrosceni­ca dell’interlocut­ore sovietico, coordinata

Gli occhiali di Antonio Gramsci appoggiati su una sua lettera al fratello Carlo

— nonostante tutto — con l’iniziativa acuta ed efficace dello stesso Gramsci, condusse alla concession­e della libertà condiziona­le, con conseguent­e ricovero di Gramsci in clinica già alla fine del 1934.

Quello che era rimasto in ombra è che i compagni ostili a Gramsci, in particolar­e Athos Lisa, suo accusatore politico in carcere e dopo, continuaro­no a godere della piena fiducia del Centro estero del Pcd’I (almeno fino al momento in cui Mussolini poté, morto Gramsci, utilizzare su «Il Popolo d’Italia» un ignobile articolo del doppiogioc­hista

Taddei che chiamava in causa a proprio sostegno Athos Lisa). Gli interventi giornalist­ici promossi dal Centro estero del Pcd’I, in particolar­e su «Azione popolare» del 29 dicembre 1934 (a titoli cubitali: Gramsci è stato scarcerato) determinar­ono l’irrigidime­nto del governo italiano e l’arenarsi di ulteriori possibilit­à, ivi compresa quella di consentire a Gramsci di ricongiung­ersi alla famiglia in Russia. La notizia « sparata » da «Azione popolare» e presentata come effetto della campagna per la liberazion­e di Gramsci (cosa non vera) fu poi ripresa dal quotidiano del Pcf «L’Humanité». Non aveva torto Piero Sraffa quando, scrivendo a Paolo Spriano nel 1969, parlò di vero e proprio «disastro», alludendo chiarament­e a questa vicenda. Purtroppo Spriano, per motivi di opportunit­à partitica, non rese mai pienamente chiaro il senso di queste parole; e perciò nei suoi libri gramsciani l’episodio è sbiadito. Cade con ciò la tesi che ha avuto tanta fortuna nella pubblicist­ica degli anni Novanta, soprattutt­o a destra, secondo cui vendicativ­amente i sovietici volevano mantenere Gramsci in carcere a causa della sua presa di posizione dell’ottobre 1926, in merito allo scontro in atto nel Partito comunista russo. Da parte dei compagni italiani ci furono leggerezza e cinismo: si volle sfruttare la vicenda Gramsci per fini agitatorii, giungendo a sostenere una tesi completame­nte falsa, che cioè Mussolini avesse ceduto di fronte alle pressioni della propaganda antifascis­ta all’estero.

Nel volume del Fabre ci sono moltissime altre novità, a partire dalla prima edizione veramente completa dei documenti che Gorbaciov donò ad Alessandro Natta, riguardant­i il primo tentativo sovietico — compiuto attraverso il Vaticano — di liberare Gramsci a ridosso dell’arresto. Anche in questa vicenda l’attenta rilettura, che Fabre fornisce, dei documenti e delle strane cancellatu­re che li sfigurano si è rivelata molto istruttiva. Siamo di fronte ad un contributo che segna un punto fermo nella ricostruzi­one biografica su Gramsci.

I compagni italiani dimostraro­no in questa vicenda leggerezza e cinismo

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