Senza il loro sostegno molti sportivi non potrebbero gareggiare al vertice
Clemente Russo. «L’argomento va approfondito con calma» disse l’allora segretario generale del Coni Pagnozzi. Nacque l’idea del vincolo della richiesta del nullaosta per il trasferimento, da inserire negli statuti. La maionese era definitivamente impazzita.
Il Coni, che con i gruppi sportivi militari ha un rapporto di amore-odio sintetizzato con diplomazia dal presidente Malagò («Rappresentano una risorsa: i risultati sono sotto gli occhi di tutti e noi siamo felici del loro apporto. È chiaro che in un clima generale di grande attenzione verso la cosa pubblica ogni iniziativa e ogni comportamento vanno ricondotti verso un obiettivo comune: occorre maggiore coordinamento che non disperda quanto di buono esiste ma nello stesso tempo elimini il superfluo. Andiamo in questa direzione con la loro piena collaborazione»), quest’anno verserà 2.249.660 euro di contributi (962.870 ai gruppi civili), spartizione decisa in Giunta. Le Finanziarie storicamente privilegiano la Difesa: se le società sportive si barcamenano, ai gruppi armati i soldi non sono mai mancati.
È vero che, calciatori professionisti a parte, senza gruppi militari pochi in Italia potrebbero permettersi di fare gli sportivi di vertice (certe discipline olimpiche, dalla marcia ai lanci, dalla ginnastica alla scherma, dipendono strutturalmente dalle divise al di là dei fuoriclasse assoluti, tipo Federica Pellegrini), però la deriva del sistema non può sfuggire. Per i risultati (innegabili dal mito Tomba al totem Zoeggeler)
L’aiuto
e l’importanza che hanno assunto, i corpi militari sono diventati centri di potere all’interno delle federazioni: decidono convocazioni, spostano voti e equilibri, condizionano i direttori tecnici. Un costume poco etico è il depredamento delle società nel momento in cui i talenti migliori si affacciano alla ribalta (a Torino 2006 era difficile guardare alla 15enne Arianna Fontana come a una finanziera...) e quando Giomi parla di «problema di mentalità» allude alla demotivante soddisfazione di una chiamata in nazionale (la Fidal annuncia agli atleti le novità in materia oggi a Fiuggi), con lo stipendio a fine mese (e il postcarriera) assicurato.
Per snellire il carrozzone bisogna investire di più sulla scuola ma alla base serve una volontà politica, sennò si rischia di finire a intervistare in tv i cani della Forestale come ai Giochi di Torino. Nati per sostenere lo sport, lo stanno strangolando. E per vincere medaglie, ci vuole ossigeno.