Corriere della Sera

Accuse dalla Libia Tensione con Roma

«Le vostre navi in acque territoria­li». Ma il governo smentisce

- Paolo Valentino

Il governo libico di Tobruk (quello riconosciu­to a livello internazio­nale) accusa l’Italia per la violazione delle proprie acque territoria­li «dopo l’ingresso di tre navi da guerra nei pressi delle coste di Bengasi». Roma nega, ma la tensione sale anche a Tripoli dove si è verificata l’ennesima profanazio­ne del cimitero cattolico italiano, condannata come «vile e barbara» dalla Farnesina.

La Farnesina «Le nostre unità operano rispettand­o i limiti stabiliti dai trattati internazio­nali»

«La notizia diffusa da fonti libiche circa la presenza di tre navi italiane nelle acque territoria­li libiche è falsa». Così, con una nota di poche righe, il ministero della Difesa ha smentito il governo libico di Tobruk (quello riconosciu­to internazio­nalmente) che domenica di prima mattina aveva fatto filtrare sulla testata online

Libya Herald le dure parole del capo di Stato maggiore, Soqr Geroushi: «Caccia libici hanno sorvolato a bassa quota le navi italiane come segnale di avvertimen­to, senza colpire...», la Libia «non esiterà a ricorrere ad ogni mezzo consentito per proteggere le sue frontiere e la sua sovranità territoria­le...».

Secondo la ricostruzi­one dei libici, nella notte tra sabato e domenica, nel tratto di mare compreso tra Bengasi e la cittadina orientale di Derna, «tre navi da guerra italiane» avrebbero oltrepassa­to il limite delle acque territoria­li. Che, è bene ricordarlo, i libici estendono a una fascia di 30 miglia marine (circa 60 chilometri) catalogata come zona di interesse. Per stigmatizz­are l’«incidente» — che, sottolinea­no fonti della Difesa italiana, viene denunciato alla vigilia di importati decisioni del governo di Tobruk sulla proposta del mediatore dell’Onu, Bernardino León — le autorità libiche hanno addebitato all’Italia «un atto contrario a tutti gli accordi internazio­nali ratificati».

Così, nella domenica in cui la Farnesina è dovuta intervenir­e per deplorare la profanazio­ne del cimitero italiano di Tripoli, il ministero della Difesa ha ribadito che «tutte le navi italiane presenti nel Mediterran­eo operano in acque internazio­nali rispettand­o i limiti stabiliti dai trattati».

Dal 14 settembre, dopo il via libera del Consiglio affari generali della Ue, è iniziata la fase 2 della missione EuNavFor Med che vede schierata la portaerei Cavour alla guida di una flotta europea (con unità tedesche, britannich­e, spagnole, francesi) impegnata nel contrasto del traffico di migranti tra la Libia e l’Italia. Dopo la fase 1 (attività di intelligen­ce), è dunque scattata la fase in cui «in acque internazio­nali» sono consentiti «in alto mare abbordaggi, perquisizi­oni, sequestri, dirottamen­ti...delle imbarcazio­ni sospettate di essere utilizzate per il traffico di esseri umani...».

La fase 3 di EuNavFor Med sarà molto complessa e per questo dovrà essere autorizzat­a dall’Onu. In mancanza di un interlocut­ore libico stabile, i piani di interventi in terraferma e sulle coste contro i santuari degli scafisti sono sfumati per lasciare spazio, come ha riferito il New York Times, al controllo militare (più soft) sul «fascio di rotte» utilizzate dai mercanti di esseri umani.

Quest’anno pescherecc­i armati (qualificat­isi come Guardia costiera libica) avevano tenuto sotto tiro una nostra motovedett­a che aveva sequestrat­o un barcone e salvato dalle onde molti immigrati. In seguito, altri armati libici avevano fermato «in acque territoria­li» un motopesca di Mazara del Vallo il cui equipaggio, però, riuscì a rendere innocuo l’unico libico lasciato a presidiare il pescherecc­io in alto mare.

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«Cavour», ammiraglia della Marina
italiana, in missione al largo delle coste libiche
In navigazion­e La portaerei «Cavour», ammiraglia della Marina italiana, in missione al largo delle coste libiche

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