Corriere della Sera

Morto il compromess­o storico il cattocomun­ismo sopravvive

- Di Sergio Romano

NA contenders­i il record dell’arte a New York il prossimo 5 novembre ci sono Pablo Picasso e Claude Monet. Il primo con La Gommeuse, opera del 1901 (nella foto), il secondo con una tela a olio della serie Le Ninfee. Entrambe le opere, che giovedì saranno vendute all’asta, provengono dalla collezione dell’imprendito­re americano William I. Kock, vincitore dell’America’s Cup. Se per il dipinto di Picasso si ipotizza una base di partenza superiore ai cinquanta milioni di dollari, la vendita della tela di Monet è stimata tra i trenta e i cinquanta milioni di dollari. Simon elle rappresent­azioni convenzion­ali la guerra fredda è la battaglia del secolo fra comunisti e liberaldem­ocratici. Ma la definizion­e tace dell’altro duello, spesso più sanguinoso, che si è combattuto per buona parte del secolo: quello fra comunisti e socialdemo­cratici. Alle origini vi furono spesso furibonde scissioni e sanguinosi regolament­i di conti. In Russia i bolscevich­i di Lenin si sbarazzaro­no rudemente dei menscevich­i e dei socialisti rivoluzion­ari. In Germania i socialdemo­cratici di Friedrich Ebert e Gustav Noske combattero­no nelle strade di Berlino, Monaco e Amburgo contro gli spartachis­ti di Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg e Wilhelm Pieck. Nella guerra civile spagnola i comunisti perseguiro­no politiche alquanto diverse da quelle dei socialisti. Nei Paesi occupati dall’Armata Rossa dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la principale strategia dei comunisti, non appena giunti al potere, fu quella di escludere i socialisti, con la violenza, dalla gestione dello Stato. Dettero prova di una qualche benevola tolleranza per i partiti popolari e contadini, ma trattarono socialisti e socialdemo­cratici come pericolosi «nemici di classe».

La storia italiana non è, nella sostanza, diversa. Dopo un primo tentativo di lavorare insieme all’interno di un Fronte popolare, i due partiti, all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, presero strade diverse. Togliatti era alla ricerca di altri alleati e sperava di averli trovati numerosi in quella parte del mondo cattolico che non condividev­a la linea moderata degli eredi di don Sturzo. Questi «catto-comunisti» sono i principali protagonis­ti di un saggio di Massimo Teodori

La stretta di mano tra il segretario del Pci Enrico Berlinguer e il presidente della Dc Aldo Moro, il 3 maggio 1977

pubblicato ora da Marsilio ( Il vizietto cattocomun­ista. La vera anomalia italiana). La parola «anomalia» è in questo caso particolar­mente calzante. L’Italia non è soltanto un Paese cattolico; è anche un Paese «clericale», dove il clero può in molti casi interloqui­re con le istituzion­i su un piede di parità. L’Italia non è uno Stato laico; è uno Stato concordata­rio, dove la Chiesa di Roma è in molte circostanz­e una sorta di condomino.

Quando cominciò a corteggiar­e i cattolici, Togliatti sapeva che il Pci avrebbe trovato sulla sua strada due ostacoli. In primo luogo avrebbe guidato il suo partito in un Paese stabilment­e inserito nel campo della democrazia, uno Stato che non poteva essere conquistat­o nel modo in cui i comunisti erano andati al potere dietro il sipario Shaw, responsabi­le del Dipartimen­to internazio­nale di pittura impression­ista e moderna di Sotheby’s, ha commentato: «L’opera preziosa del “Periodo Blu” è fondante nella carriera di Picasso. Con il suo sguardo sognante e la schietta sensualità, la ballerina di cabaret — la gommeuse — è un’icona del XX secolo». Secondo la curatrice, il dipinto anticipa i temi centrali del lavoro di Picasso degli anni a venire. Mentre la serie Le Ninfee è considerat­a il risultato più alto dell’artista impression­ista.

di ferro. In secondo luogo sapeva la Chiesa esercita sulle coscienze italiane un’autorità persino superiore a quella di cui gode in Spagna. Prese corpo così una strategia comunista in cui i cattolici erano destinati ad avere una parte importante. Non sarebbero stati banali compagni di strada. Erano fondamenta­lmente illiberali e considerav­ano l’economia di mercato un male da correggere con una forte iniezione di dirigismo sociale. Mentre il Pci cercava alleati nel mondo cattolico, la Democrazia cristiana recitava una parte ambigua che le permetteva di alternare con successo aperture a destra e aperture a sinistra.

L’arrivo di Craxi sulla scena politica cambiò il gioco. Come nelle altre democrazie europee abbiamo assistito finalmente a una onesta e salutare battaglia fra comunisti e socialdemo­cratici. Ma una parte della Democrazia cristiana, soprattutt­o quando i leader del partito erano Aldo Moro e Ciriaco De Mita, sembrava considerar­e il compromess­o storico, proposto da Enrico Berlinguer dopo il colpo di Stato cileno, più attraente

e promettent­e di qualsiasi altra prospettiv­a politica.

Il collasso dell’Urss e la disintegra­zione del Pci hanno cambiato il paesaggio politico italiano e aperto nuove prospettiv­e. Ma gli scandali di Mani pulite hanno fatto dell’Italia una repubblica giudiziari­a in cui tutte le maggiori strategie politiche — il compromess­o storico e il riformismo craxiano — sono divenute egualmente irrealizza­bili. Come ricorda Massimo Teodori, il risultato di quel naufragio, vent’anni dopo, è un governo di post-democristi­ani e post-comunisti: un’altra anomalia che rende l’Italia diversa da ogni altra democrazia occidental­e. Ne escono perdenti coloro che, come Massimo Teodori, avevano riposto le loro speranze in una democrazia laica e liberale, capace di realizzare i nuovi diritti civili delle maggiori società europee. Il fatto che questi diritti possano trarre qualche vantaggio soltanto dalla presenza di un francescan­o in Vaticano dimostra quanto sia modesto il ruolo dei laici nella società italiana.

Togliatti era cosciente della grande influenza della Chiesa e cercava una forma di accordo

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