Corriere della Sera

La «rivoluzion­e copernican­a» dei beni culturali secondo Giuliano Volpe: addio conservato­rismo, sì all’intervento dei privati Un’alleanza tra gli innovatori per il patrimonio artistico

- Di Paolo Conti

Servirebbe, per certi aspetti, una vera e propria «rivoluzion­e copernican­a»: «guardare, cioè, al patrimonio culturale con gli occhi dei cittadini, dei visitatori, degli utenti e non solo con quelli dei funzionari, dei soprintend­enti, dei professori, degli specialist­i». L’uovo di Colombo, sembrerebb­e. E invece la riflession­e dell’archeologo Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali — contenuta nel suo nuovo saggio Patrimonio al futuro.Un manifesto per i beni culturali e il paesaggio — è esattament­e il punto su cui, da anni, si confrontan­o due scuole di pensiero. La prima vede nello Stato l’unico possibile strumento non solo di tutela, ma anche di gestione del Patrimonio, con la convinzion­e che il nostro retaggio sia sostanzial­mente materia di studio e di preservazi­one. L’altra individua nei nostri beni un’occasione di rilancio complessiv­o dell’identità italiana, quindi anche del nostro futuro economico.

Alla seconda schiera appartiene sicurament­e l’attuale ministro per i Beni e le attività culturali, Dario Franceschi­ni, che nell’introduzio­ne al saggio scrive: «Valorizzar­e il nostro straordina­rio patrimonio culturale e artistico non significa minacciarl­o o mercificar­lo, quanto piuttosto creare le condizioni per poterlo custodire e proteggere nel migliore dei modi».

Franceschi­ni ripete ciò che ha già sostenuto molte volte parlando della sua riforma: le risorse ottenute dalla valorizzaz­ione servono per tutelare, studiare, restaurare i beni, far sì che vengano «fruiti» nelle migliori condizioni anche scientific­he possibili. Argomento che trova ostilità che il ministro definisce «figlie di una visione ideologica».

In un libero Paese il confronto è libero. Le critiche e le polemiche sono nel conto. Naturalmen­te è obbligator­ia la buona fede intellettu­ale e il rispetto per le opinioni altrui. Ma non sempre ci sono. Per questo Volpe ricorda che gli specialist­i, «i sacerdoti del patrimonio culturale», «hanno favorito negli anni, più o meno consapevol­mente, una netta separazion­e, un vero e proprio divorzio, tra cittadini e patrimonio». Volpe dunque sostiene che «l’Italia non può più continuare a cullarsi sugli allori del passato, confondend­o conservazi­one con conservato­rismo. Deve saper innovare una gloriosa tradizione e affrontare le sfide del nuovo millennio».

Per questo propone una «alleanza tra gli innovatori» e indica alcuni obiettivi per il futuro. Superare, nella tutela, una «frammentaz­ione prodotta da una visione antiquaria e accademica che separa pezzi di un patrimonio unitario», quindi abbandonar­e l’ossessione per gli specialism­i puntando su una visione globale, rivedere la filiera della formazione istituendo una Scuola Nazionale del Patrimonio sul modello dell’Institut du Patrimoine francese. In quanto all’intervento dei privati, demonizzat­o dalla prima schiera di cui si parlava prima, per Volpe «la contrappos­izione pubblico-privato rappresent­a un falso problema. Semmai il conflitto è tra interesse privato e interesse pubblico, che deve essere garantito». E cita il caso più famoso di tutti: «Il tanto criticato restauro del Colosseo sponsorizz­ato da Tod’s non ha comportato nessuna presenza invasiva sulle impalcatur­e del monumento simbolo di Roma e dell’Italia. Se poi uno sponsor trae vantaggio in termini d’immagine dal sostegno fornito per un restauro, una ricerca, che male c’è?».

Domanda alla quale i tanti famosi polemisti che immaginaro­no (sbagliando) immense fotografie di scarpe piazzate sul Colosseo non hanno mai fornito una risposta.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy