Corriere della Sera

ITALIA IN SALA D’ATTESA PER SEDERE ALL’ONU

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Nel contesto dell’intervento del generale Dino Tricarico ( Corriere, 18 ottobre) inteso a chiarire il suo pensiero se chiudere o depotenzia­re le basi Usa in Italia, viene citata una realtà che avevo dimenticat­o: «nel 1954....l’Italia non faceva parte dell’Onu». Ho controllat­o ed, in effetti, alla Conferenza delle Nazioni Unite del 1945, nella quale si sarebbe dovuto trattare l’assetto del mondo dopo la guerra, l’Italia non fu ammessa. Non si tenne conto del ruolo della Resistenza, né del fatto che alla precedente Società delle Nazioni, l’Italia aveva occupato una posizione di preminenza. Come è potuto accadere? Come sono potuti passare 10 anni, prima di essere ammessi? È stata una punizione, una mancanza di fiducia, lo scarso spessore della nostra diplomazia?

Attilio Lucchini attilioluc­chini@hotmail.it

Caro Lucchini,

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Italia non fu mai considerat­a «alleata». Poté recuperare abbastanza rapidament­e quote importanti di sovranità nazionale, ma restò, per la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, un Paese aggressore a cui sarebbero state applicate, dopo la fine della guerra, le clausole del Trattato di pace. Quando nacque l’Organizzaz­ione delle Nazioni Unite, dopo la conferenza di San Francisco dell’aprile 1945, il trattato di pace ancora non esisteva. Verrà firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 e conterrà disposizio­ni punitive. L’Italia perderà una parte del suo territorio nazionale, soprattutt­o sulle frontiere orientali, rinuncerà ad alcune delle sue colonie, dovrà indennizza­re i vincitori con somme di denaro e una parte importante della propria flotta.

Il suo «purgatorio» fu piuttosto breve. Quando i rapporti con l’Unione Sovietica peggioraro­no, l’ordine delle priorità cambiò. Anziché continuare a punirla, gli Alleati giunsero abbastanza rapidament­e alla conclusion­e che occorreva metterla in condizione di contribuir­e alla difesa dell’Occidente contro il rischio di una possibile minaccia sovietica. Nell’aprile 1949, quando fu firmata a Washington l’Alleanza Atlantica, l’Italia, rappresent­ata da Carlo Sforza, era al tavolo dei firmatari.

Da quel momento il Paese aveva le carte in regola per divenire membro delle Nazioni Unite. Ma era scoppiata la Guerra fredda e ciascuno dei due blocchi era deciso a evitare che nell’Assemblea della maggiore organizzaz­ione internazio­nale si formasse una maggioranz­a di Paesi amici o alleati dell’avversario. Cominciò così un lungo negoziato durante il quale i Paesi candidati furono attentamen­te misurati e pesati in vista di una soluzione che doveva essere, per quanto possibile, equilibrat­a. Per molti aspetti accadde allora quello che accade abitualmen­te nelle democrazie quando occorre formare un governo di coalizione. Il risultato fu un pacchetto di 12 Paesi destinati a entrare nell’Onu contempora­neamente: Albania, Austria, Bulgaria, Cambogia, Finlandia, Giordania, Italia, Laos, Libia, Nepal, Spagna, Ungheria. Alcuni Paesi, fra cui Italia, Spagna, Albania, Bulgaria e Ungheria, erano schierati da una parte o dall’altra. Altri, come in particolar­e Austria e Finlandia, erano neutrali, altri ancora non avevano una particolar­e etichetta ma appartenev­ano pur sempre alla sfera d’influenza di uno dei due blocchi. Salvo errore, questa fu la maggiore «infornata» delle Nazioni Unite nel corso della loro storia.

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