Corriere della Sera

Il tocco riuscito di Mancio ha cambiato l’Inter e anche un po’ se stesso

Il Chelsea pensa al tecnico nerazzurro per il dopo Mourinho

- Guido De Carolis Alessandro Pasini

Il tocco del Mancio sulla seconda Inter della sua vita non era mai stato così evidente fino a sabato. Ma, come i giocatori, anche gli allenatori hanno le loro serate di grazia e lo skipper nerazzurro ne ha vissuta una proprio contro la Roma: con visione tattica, senso dei propri limiti e, naturalmen­te, un po’ di fortuna (ma un portiere che para è poi fortuna?), il tecnico ha prima rivoltato la sua creatura e poi ha ottenuto un successo fondamenta­le per la classifica e per lo spirito.

Eppure il disegno pareva un azzardo: fuori Icardi, bomber, capitano e presunto intoccabil­e; l’incognita di un tridente leggero con Jovetic centravant­i di manovra e Ljajic comandato a uno sfiancante doppio lavoro offesa/difesa; una coppia di terzini inedita, con D’Ambrosio addirittur­a all’esordio stagionale. Possibile, ci si domandava, che tante tessere nuove in un colpo solo possano incastrars­i in contempora­nea, oltretutto contro la capolista? A conferma che gli allenatori vedono meglio dei critici, non fosse altro che i critici non possono vedere gli allenament­i, non solo questo è stato possibile, ma sono arrivati pure i bonus del primo gol in serie A di Medel, leader anche emotivo del gruppo, e la performanc­e mostruosa di Handanovic, riabilitat­osi dopo il flop che aveva causato l’unico k.o. nerazzurro con la Fiorentina e tante, troppe critiche a Mancini. Chievo-Sampdoria, il primo posticipo di questa sera (ore 19, diretta Sky Calcio 2), «è una partita che può cambiare il campionato». Parole di Walter Zenga che non si fida dei veneti, reduci da tre sconfitte consecutiv­e. «Maran ha fatto cose straordina­rie, mi piace molto come fa giocare i suoi», aggiunge Zenga che non farà alcun turn over nonostante sia la terza partita in sette giorni. Maran deve rinunciare a Frey, Izco e Mattiello ma recupera Hetemaj che però dovrebbe cominciare dalla panchina. «Dobbiamo dimostrare che gli ultimi scivoloni sono stati solo una parentesi — ha detto il tecnico del Chievo — anche perché il gioco non ci è mai mancato».

Cambiare l’Inter ha voluto dire per il tecnico cambiare un po’ anche se stesso. Poco amante del turnover, Mancini con la Roma ha proposto per esempio sei facce nuove rispetto a Bologna, dove ne aveva proposte sei rispetto a Palermo dove ne aveva proposte quattro rispetto alla Juve. I polemici ci vedranno solo confusione; i sostenitor­i capacità di gestire la rosa. Comunque sono mosse che hanno funzionato. Così come con la Roma ha funzionato la tattica realistica di controllo e sacrificio, una cooperativ­a di mutuo soccorso della quale Perisic e, soprattutt­o, Ljajic in versione Eto’o nell’era del Triplete sono stati i testimonia­l migliori. Mancini ovviamente ama il calcio spettacolo, ma sa che anche sei 1-0 valgono 18 punti, così come valgono oro la migliore difesa della serie A e un attacco da 11 gol in 11 partite con 6 marcatori differenti. Colta l’urgenza societaria di fare risultato, Mancio è stato coraggioso a svestire il cachemire che gli scorre nelle vene, indossare la tuta blu e rischiare sberleffi: per ora sta vincendo lui.

Un allenatore così non può non piacere in giro, e infatti al Chelsea stanno pensando proprio a Mancini per il dopo Mourinho. È di due mesi fa un contatto esplorativ­o dei Blues e adesso, con José prossimo al capolinea, l’ipotesi di un Mancini a Stamford Bridge torna viva. La sua passione per l’Inghilterr­a non è un mistero e proprio al Corriere il tecnico ha di recente confessato, scherzando ma non troppo, di non sapere ancora perché mai è tornato in Italia. «Colpa del fascino dell’Inter». Che è certo superiore a quello del Chelsea ma non a quello di un Paese per lui nettamente migliore come cultura calcistica e come qualità della vita. Mou ha un contratto col Chelsea fino al 2019, Mancini uno con l’Inter fino al 2017 da 4 milioni l’anno. E, anche se Thohir considera Mancini la pietra fondante del suo progetto, a fine stagione una sua succession­e a Mourinho a Londra, identica a quella del portoghese a lui a Milano nel 2008, non è fantascien­za. Per evitarla l’Inter ha due strade: inventarsi altre notti come sabato per trattenere il suo skipper oppure riprenders­i un giorno José, l’unico tecnico che San Siro ama più del Mancio.

Vincenti

In alto Roberto Mancini, 50 anni, alla sua seconda avventura con l’Inter. Nella prima, fra il 2004 e il 2008, ha vinto sette titoli, tra cui tre scudetti. Sotto José Mourinho, 52 anni, tecnico del Chelsea. Succeduto a Mancini nel 2008 con l’Inter ha vinto una Champions League, due scudetti, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana (Pegaso News, Action Images)

Operazione felice Fuori Icardi, il tridente inedito e D’Ambrosio parevano un azzardo La mossa è riuscita

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