Corriere della Sera

Tokyo, auto-robot e guida autonoma La nuova frontiera

Ghosn: «Nel 2020 la citycar che (se vuoi) fa da sola»

- Alessandro Marchetti Tricamo

La passione per i robot in Giappone è senza limiti. Lo sa bene Hatsune Miku, attrice teatrale da tutto esaurito con La Metamorfos­i di Kafka. Nulla d’insolito. Se non fosse che Hatsune è un umanoide giapponese dalla voce sintetizza­ta, pronto a dialogare senza esitazioni con attori «veri», cioè in carne e ossa.

Un successo che regala il bis sul palcosceni­co della 44sima edizione del Tokyo Motor Show (chiude l’8 novembre) dove l’auto-robot conquista la scena. Gli occhi sono tutti per lei. E l’industria automobili­stica ha trovato un «attore» in grado di scatenare interesse verso un prodotto che finora con la rivoluzion­e digitale aveva ben poco a che fare. Hatsune qui prende le sembianze della guida autonoma, veicoli di qualsiasi forma e dimensione, destinati presto a diventare realtà: «Nel 2020 lanceremo la prima auto in grado di viaggiare in città anche senza intervento umano, ancora prima se parliamo di guida in autostrada o su percorsi extraurban­i», annuncia Carlos Ghosn, numero uno di Nissan/Renault.

Nessun conflitto tra uomo e macchina: «Chi è al volante potrà decidere di continuare a guidare, oppure sarà sufficient­e spingere un pulsante per lasciare tutto nelle mani dell’elettronic­a», continua il top manager ingegnere, brasiliano di nascita e libanese di origini.

Scenario puntualmen­te confermato in Toyota: «Il sistema Teammate arriverà in autostrada nel 2020 e consentirà a chi è a bordo di poter contare su un’intelligen­za artificial­e, in grado di supportarl­o in tutte le situazioni di pericolo», spiega Kein Koibuchi, responsabi­le dei sistemi di guida autonoma Toyota. Un angelo custode virtuale più che un’autista-robot a tempo pieno. Anche perché, aggiunge Koibuchi, «oggi la velocità di reazione dell’intelligen­za artificial­e è ancora più lenta di quella dell’uomo e non riesce a risolvere situazioni particolar­i come le rotonde o i comportame­nti non in linea con il codice stradale».

È come mettere un bambino alla guida: nessun problema in caso di manovre elementari, per il resto c’è da aspettare. È stato sufficient­e uscire dal Motor Show e mettersi al volante (si fa per dire) di una Lexus GS450h a guida autonoma nel traffico ordinatiss­imo della Bayshore Route di Tokyo, per rendersi conto che a Milano o di Roma sarà tutta un’altra storia.

La robotica si spinge oltre la stessa definizion­e di auto: monoposto a guida autonoma, come l’Honda Wander Stand o il Coms Connect di Toyota Auto Body, sono pronte a soddisfare le esigenze di mobilità individual­e nella smart city che verrà. Oppure robot in grado di viaggiare in sella a una Yamaha in circuito a più di 200 km/h: «L’obiettivo è raccoglier­e in sicurezza informazio­ni sul comportame­nto della moto alle alte velocità per lo sviluppo di sistemi di sicurezza e assistenza alla guida», spiegano i giapponesi.

Fuori della scena la Toyota Kikai, un concept che ha tutta l’aria di una provocazio­ne: auto nuda e cruda, vettura e non gadget digitale. Meccanica che prova a resistere all’elettronic­a: a vederla da qui, una sfida già persa.

 ??  ?? Il concept Kikai di Toyota: è lungo 340 cm e ha tre posti. Guidatore davanti al centro, passeggeri dietro. Il motore è a vista
Il concept Kikai di Toyota: è lungo 340 cm e ha tre posti. Guidatore davanti al centro, passeggeri dietro. Il motore è a vista
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Il concept elettrico Coms Connect, a un posto, della Toyota Auto Body

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