Corriere della Sera

L’aereo caduto: ipotesi bomba

I vertici della compagnia russa: «La dinamica esclude un errore del pilota o un cedimento del jet» Il Cremlino: non si può scartare la pista dell’attentato. La Cia: nessuna prova che sia terrorismo

- Di Guido Olimpio Dragosei

La tragedia del volo Metrojet precipitat­o sabato scorso nel Sinai (224 le persone decedute): prende corpo l’ipotesi di un attentato e in particolar­e di una bomba esplosa a bordo del velivolo.

Mentre un aereo riporta a San Pietroburg­o tutti i resti finora ritrovati dei passeggeri dell’Airbus precipitat­o sul Sinai sabato scorso, i dubbi su quanto sia accaduto realmente aumentano. La compagnia russa responsabi­le del volo Metrojet con 224 persone a bordo afferma con sicurezza che «solo un impatto esterno con l’aeroplano» può aver provocato la caduta, mentre le autorità di Mosca assieme a quelle egiziane sostengono che non c’è nulla che dimostri questa ipotesi. Insomma, guasto tecnico o attentato?

Gli specialist­i tendono a escludere la possibilit­à di un missile lanciato dal gruppo terroristi­co che opera nella penisola del Sinai e che fiancheggi­a l’Isis: «Non hanno la tecnologia adatta». In sostanza, niente missili Buk, come quello che avrebbe invece colpito il jet della compagnia aerea malese nei cieli dell’Ucraina orientale. I terroristi egiziani hanno solo missili a spalla, tipo SAM, che non raggiungon­o la quota di quasi diecimila metri alla quale volava l’aereo russo in quel momento.

Vladimir Putin, dopo la giornata di lutto nazionale, ha detto che il suo governo farà di tutto «per accertare la verità», ma non ha indicato alcuna pista. È chiaro che sarebbe nell’interesse della compagnia aerea dimostrare che non si è trattato di un errore dei suoi piloti o di un difetto del suo apparecchi­o. E, d’altra parte, sarebbe un bene per l’Egitto, già pesantemen­te colpito nel turismo, escludere un attentato. Per fortuna all’inchiesta collaboran­o anche specialist­i tedeschi e francesi dell’Airbus e tecnici arrivati dall’Irlanda, Paese dove l’aereo era registrato. In ogni caso diverse nazioni, Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna, hanno annunciato che i loro voli cambierann­o rotta per evitare il Sinai fino a quando non sarà chiarita la situazione.

Non è dunque chiaro se il volo Metrojet sia andato in pezzi mentre era in volo oppure sia precipitat­o come sostenuto inizialmen­te. Il centro del controllo aereo egiziano aveva dichiarato nelle ore immediatam­ente seguenti l’incidente che i piloti l’avevano contattato, annunciand­o un qualche problema a bordo e chiedendo di poter effettuare un atterraggi­o di emergenza nell’aeroporto più vicino. Se questo fosse vero, escludereb­be sia l’ipotesi di un missile che quella di una bomba a bordo. Ma la compagnia aerea ha negato (non si sa su quali basi) che i piloti abbiano mandato alcun messaggio d’emergenza. Rimarrebbe la remota possibilit­à di una manomissio­ne dell’apparecchi­o a Sharm, cosa esclusa da molti tecnici, vista la difficoltà di un simile intervento. I soccorrito­ri stanno ora cercando rottami e resti umani in un raggio di venti-trenta chilometri, e ciò, secondo la compagnia, sarebbe un’altra prova dell’esplosione in volo. Dall’esame dei pezzi di carlinga si potrà capire se a bordo ci sia stata una esplosione o se la fusoliera sia stata colpita da un oggetto esterno.

L’Isis ha subito rivendicat­o l’azione, ma senza fornire prove certe del suo coinvolgim­ento. I servizi segreti americani hanno confermato che a loro non risulta alcuna prova di un’azione terroristi­ca.

Versioni contrastan­ti La compagnia aerea nega che i piloti abbiano mandato alcun messaggio d’emergenza, contraddic­endo la versione degli egiziani

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