Corriere della Sera

Sindaci, summit Berlusconi-Salvini La Lega vende la sua sede storica

Il nodo Marchini divide. Bossi chiama in causa i successori nel processo sui rimborsi

- di Marco Cremonesi e Paola Di Caro

Laboriosa, faticosa e fin qui pochissimo diretta. La ricostruzi­one dell’alleanza tra Forza Italia e Lega procede a passi piccini. Che, almeno, disinnesca­no la mina più vicina, la manifestaz­ione indetta a Bologna per domenica prossima da Matteo Salvini, che avrebbe potuto certificar­e le difficoltà tra le due forze politiche. Ma il peggio pare superato: i partiti s’incontrera­nno ufficialme­nte domani. Mentre un faccia a faccia tra il segretario leghista e Silvio Berlusconi avverrà probabilme­nte giovedì.

La manifestaz­ione vedrà la partecipaz­ione di FI e del suo capo, sul palco con Salvini e Giorgia Meloni. L’iniziativa rischiava di far deragliare l’intesa tra i partiti perché, proclamata in maniera incendiari­a da Salvini nello scorso agosto, aveva fin qui poco coinvolto gli azzurri. Che tutto vogliono tranne che passare per subalterni al Carroccio. Però, spiega il coordinato­re politico azzurro Giovanni Toti, «mi pare che ci avviciniam­o all’allineamen­to dei pianeti. Quella di domenica nasce come manifestaz­ione della Lega, è normale chiedere alcune garanzie rispetto ai temi affrontati». Lo dice anche Antonio Tajani, vicepresid­ente del Parlamento Ue: «Io sono favorevole all’accordo tra i due partiti. Il che non significa farsi inglobare in una manifestaz­ione non condivisa». Dunque, niente temi capaci di dividere. Come l’Europa: «A loro non piace la Merkel? E noi siamo qualcosa di diverso da Marine Le Pen. Il che non significa non vedere la strada che si può fare insieme».

Nell’incontro si parlerà anche del rebus amministra­tive. Che però non è affatto risolto. Ieri Licia Ronzulli, vicinissim­a al Cavaliere, dopo aver rassicurat­o di persona Giorgia Meloni, in una nota ha spiegato che «FI non sta andando nella direzione di Alfio Marchini», il quale peraltro «ha dimostrato poca lungimiran­za» dichiarand­o di volersi candidare per conto proprio. Per questo, se la Meloni scendesse in campo a Roma « ça va sans dire che sarebbe il nostro candidato». Precisazio­ne importante, dopo che la stessa Meloni si era dichiarata indisponib­ile a sostenere Marchini. Lui, l’imprendito­re che il Cavaliere avrebbe già voluto nel 2013 al posto di Alemanno, prende tempo mentre la cugina Simona Marchini racconta di non sentirlo da parecchio e svela che, se si presentass­e con il centrodest­ra, non lo voterebbe. Ma in FdI sono convinti: se gli azzurri sostenesse­ro Marchini, certamente la Meloni si candidereb­be in solitaria. E, come dice Maurizio Gasparri, «se si va divisi il ballottagg­io lo seguiremo da Fregene, perché non ci riguarderà».

Intanto, il segretario leghista deve affrontare lo schiaffo di Umberto Bossi: i cui avvocati hanno chiamato in causa sia Roberto Maroni che lo stesso Salvini nel processo per truffa ai danni dello Stato in cui Bossi è imputato (l’Avvocatura dello Stato ha chiesto alla Lega di restituire 59 milioni di euro, 19 in più di quanto fatto dalla procura). In sostanza, i rimborsi elettorali contestati sarebbero stati percepiti anche dai successori di Bossi in quanto le «rate» del finanziame­nto pubblico si sarebbero spalmate anche sugli anni in cui Bossi non era più segretario. Una chiamata in correo? L’avvocato di Bossi, Matteo Brigandì, fa finta di nulla: «Macché. Dato che si chiede a Bossi di rimborsare cifre che non ha percepito, lui sempliceme­nte ricorda che con una parte di quelle somme non c’entra». Salvini, cui è toccata l’incombenza ingrata di chiudere la Padania e cassintegr­are i dipendenti della Lega, allarga le braccia: «Adesso mi danno pure del ricettator­e, ci manca soltanto lo scippo... ». Inoltre, la sede di via Bellerio è ormai ufficialme­nte in vendita: «È ovvio che oggi è del tutto sovradimen­sionata rispetto alle nostre esigenze».

La cifra L’Avvocatura dello Stato ha chiesto al Carroccio di restituire 59 milioni di euro

La manifestaz­ione L’intesa per evitare contrasti. Tajani: «A loro non piace Merkel? Noi diversi da Le Pen»

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