Corriere della Sera

Gli onesti usati come bancomat dai boss «Pagavo già in lire, ora basta omertà»

La scelta di Domenico Toia di ribellarsi con i figli. Carmelo: dovevamo mantenere i carcerati

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cuore, dalla depression­e, dal terrore di ritorsioni nei confronti dei suoi tre figli e infine stroncato da una emorragia cerebrale lo scorso giugno, quando aveva già sottoscrit­to fiumi di verbali, a partire dal 2013. Con rivelazion­i sconvolgen­ti: «Ho cominciato a pagare a metà degli anni Novanta, quando c’erano ancora le lire. Allora facevo solo lavori edili. Pino Scaduto, il capofamigl­ia del mandamento, finì in carcere. E io fui costretto a campare la sua famiglia. Pretese 3 milioni di lire al mese. Mi considerav­ano praticamen­te come la loro cassa privata. Feci il conto. Mi scucirono 360 milioni...».

Ma non era finita e scattò quella che il procurator­e Franco Lo Voi e l’aggiunto Leonardo Agueci hanno definito la «staffetta». Immagine chiara nelle parole di Toia: «Cade Scaduto e si presenta il successore, Gioacchino Mineo, al quale diedi

I pescatori «Qui ci imponevano perfino di comprare le loro esche al doppio del prezzo di Palermo»

50 mila euro...». Richieste continue, che Toia esaudì pentendose­ne poi parlando con i suoi due figli, Tommaso e Daniele, adesso passati al contrattac­co e anche loro protagonis­ti della ribellione. Come Conferma Tommaso, un figlio di 4 anni: «Mio padre dovette vendere la villa di famiglia a due russi per 900 mila euro. Sempre per gare debiti e pizzo. Fino a quando lo costrinser­o con una pistola puntata a firmare un preliminar­e di vendita per un terreno. È così che ha cominciato a morire. Anche se nel 2013 ha trovato la forza di dire basta. Mesi e mesi di discussion­i fra di noi. Dovevamo essere tutti d’accordo a parlare e a rischiare. Così si decise di fare tutti insieme. Ma da allora mio padre, firmati i verbali, non uscì più da casa, impaurito, in depression­e totale, fino all’emorragia che ce l’ha portato via...».

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