Un ponte tra scuola e impresa L’iniziativa di Manageritalia per sostenere l’ingresso dei giovani in azienda
La legge della «Buona scuola», la 107/2015, spinge sull’alternanza scuola-lavoro: l’anno prossimo gli istituti superiori dovranno prevedere progetti finalizzati nel Pof, il piano dell’offerta formativa.
Nel frattempo le aziende cosa fanno? Su di loro sta spingendo Manageritalia, il sindacato dei dirigenti e dei quadri del terziario, con il suo «Food4minds». Si ispira, almeno nel titolo, all’Expo appena concluso ed è promosso dal Gruppo donne. « Il nostro obiettivo — spiega la responsabile del gruppo Marisa Montegiove, che è anche presidente di Manageritalia Servizi — è di aiutare scuole e mondo del lavoro ad operare in sinergia e di favorire l’ingresso dei giovani in azienda grazie al rafforzamento delle loro competenze».
E proprio per capire quale sia lo stato attuale delle cosiddette soft skill in quanti, negli ultimi anni, sono usciti da scuole e università e poi entrati in azienda, AstraRicerche ha interpellato per conto di Manageritalia 1.160 dirigenti di imprese private. L’82% si è detto deluso delle capacità organizzative, di gestione del tempo e decisionali dei giovani. Il 79% ha giudicato insufficienti le capacità relazionali e di lavoro in gruppo, il 77% ha considerato carente l’attitudine all’analisi, alla sintesi e al problem solving, il 75% ha valutato insufficienti le competenze linguistiche. «Siamo in fase sperimentale — continua Montegiove — per ora abbiamo abbinato quattro scuole, tre istituti tecnici e un liceo, con altrettante aziende. Partiamo dai bilanci delle competenze fatti dalle imprese e, da lì, affidiamo a un manager il compito di creare un ponte con le scuole, proprio per fornire ai giovani quelle skill che li agevoleranno nell’ingresso nel mondo del lavoro».
Il problema, però, è che le aziende che criticano la formazione scolastica spesso da parte loro non fanno abbastanza per creare quelle sinergie che auspica Manageritalia. Per esempio, sempre secondo l’indagine, sono poche quelle che fanno regolarmente i bilanci di competenze: il 32%. I manager si autocriticano anche su altri versanti: solo il 33% monitora costantemente il mercato del lavoro e solo il 50% dice di conoscere molto o abbastanza le caratteristiche delle persone che dovrà assumere nei prossimi tre anni.
« Effettivamente — commenta il presidente dell’associazione di direttori del personale Gidp Paolo Citterio — nelle Pmi spesso l’imprenditore non fa ricerca, non sviluppa il business e quindi non ha la chiarezza su quali siano le caratteristiche del personale che gli servirà. Inoltre i capi ufficio a volte sono ostili ai bilanci delle skill perché temono che, certificata l’assenza di certe competenze, si vada poi ad assumere chi potrebbe, come si suol dire, fargli le scarpe». Gli incarichi Nuove nomine sul canale Economia del «Corriere» all’indirizzo