Le ribelli della Generazione K
Katniss, arciera di «Hunger Games», resta il mito degli adolescenti: eroica e spaventata, combatte suo malgrado, non vuole essere una super donna
Il caso Torna la saga con Jennifer Lawrence: le ragioni di un successo planetario
Fredda e sensibile, fragile e coraggiosa. È in questi opposti che ha plasmato il suo carattere, del resto tutti noi predichiamo coerenza, ma cediamo alle contraddizioni. Come Katniss Everdeen — l’infallibile arciera dalle frecce di fuoco protagonista di Hunger Games — costretta a combattere per la sopravvivenza in un Paese governato dalla paura e alimentato da combattimenti di gladiatori, dove si trasforma in evento tv una sfida mortale: vince l’unico che rimane vivo.
In Katniss (interpretata da Jennifer Lawrence) convivono anche due sentimenti dal sapore opposto, rabbia e rassegnazione. Rabbia per le ingiustizie che deve combattere, rassegnazione perché è costretta a farlo, obbligata a un ruolo di cui farebbe volentieri a meno. È così che è diventata un’icona globale, un modello di riferimento, un orizzonte a cui guardare, nella sua unicità e solitudine, stati dell’anima che ci accompagnano dalla prima volta che ci hanno messo davanti a uno specchio.
Un bestseller letterario (i libri tradotti in 26 lingue), un blockbuster al cinema (oltre 2 miliardi di dollari di incassi) pronto a ripetersi quando il 19 novembre uscirà l’ultimo capitolo della saga, Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte II. E già si intuisce perché sarà un nuovo successo, per il suo rifiuto di addolcire gli scenari in cui Katniss si ritrova: è un mondo fatto di traumi e violenza, di caos e morte. A differenza di Harry Potter, qui non ci sono figure adulte affidabili e solide, non c’è nessuno a cui abbandonarsi e in cui avere fiducia. Katniss può contare solo su se stessa, uno status — o meglio un abbandono — in cui si riconoscono le adolescenti 1995-2002, di cui lei è diventata punto di riferimento ed emblema, icona da poster e modello da manuale.
In lei l’economista e accademica inglese Noreena Hertz infatti ha individuato l’ispiratrice delle ragazzine della Generazione K (Generazione Katniss), ovvero le nate tra il 1995 e il 2002, adolescenti tra i 13 e i 20 anni. Tutte accomunate da tre tratti distintivi: la tecnologia (con l’ansia da connessione perenne), la recessione (con l’ansia da disoccupazione galoppante), i rischi geopolitici (con l’ansia da terrorismo).
« Per la Generazione K il mondo di oggi è una giungla senza regole», ha teorizzato Noreena Hertz. E letteratura e cinema si sono adeguate, all’utopia preferiscono più spesso la distopia, ovvero società e comunità dai tratti altamente indesiderabili e angoscianti, una tradizione che ha in Aldous Huxley ( Il nuovo mondo), George Orwell ( 1984), Ray Bradbury ( Fahrenheit 451) alcuni dei suoi fari. È questo il mondo in cui si immerge Katniss. Interpellata dal Guardian, Hertz ha spiegato: «Questa è una generazione che è cresciuta con l’11 settembre, gli attentati di Madrid e Londra, il terrorismo islamico, da Al Qaeda all’Isis. Sono ragazzi che vedono le decapitazioni comparire sulla loro pagina Facebook e il pericolo nei loro smartphone». Una generazione diffidente nei confronti delle istituzioni — dal governo al matrimonio, non c’è differenza — ma anche intrisa di un forte senso di ciò che è giusto ed equo. Esattamente come per Katniss, che nel nuovo capitolo pare animata da motivazioni più intime e personali che universal-epiche.
«Una delle ragioni per cui Jennifer Lawrence è così brava — ha aggiunto la scrittrice femminista Laurie Penny — è perché permette di vedere il duplice aspetto di Katniss: è eroica, ma allo stesso tempo è spaventata. Trascorre l’intera storia in uno stato di costrizione: è in una situazione in cui non vuole stare».
Le atmosfere di Hunger Games ritornano in Dark Eden, i tre libri della canadese Moira Young che immaginano una terra desertica, con edifici in abbandono e una società allo sbando. Quella stessa società sbagliata su cui si fonda Divergent, la trilogia scritta dalla 27enne Veronica Roth tradotta anche sullo schermo con il volto di Shailene Woodley. Fino a Mr Robot, la serie tv su un esperto di sicurezza informatica con deliri paranoici che si unisce a un gruppo di «hacktivisti» anarchici che sogna di liberare l’umanità dai debiti con le banche. Utopia, forse, più che distopia.
L’altra protagonista Una società ingiusta ispira anche la trilogia di «Divergent» con Shailene Woodley