Corriere della Sera

Giordana: il mio impegno civile nella fiction sull’assassinio di Lea

Il regista racconta la storia vera della donna uccisa dalla ‘ndrangheta nel 2009

- Maurizio Porro

Lea (produzione Rai e Angelo Barbagallo con l’Associazio­ne Produttori Tv e la Fondazione Cinema per Roma, col sostegno di Regione Lazio, Camera di commercio) passerà su Rai1 il 18 novembre. «Non è solo un film-tv di rara forza, ma è anche un‘opera di grande valore civile, anzi di denuncia. Un impegno che per noi è prioritari­o», sottolinea il direttore Rai Fiction Tinny Andreatta.

Tensioni sul set? «No — riprende Giordana — ho avuto appoggi basilari, come quello di don Ciotti, interpreta­to da Diego Ribon. Lui e l’avvocato Vincenza Rando hanno spiegato che la denuncia contro l’omertà, la rottura con le famiglie, è il passo che mette in crisi i meccanismi automatici di obbedienza, le leggi non scritte della ‘ndrangheta».

E qui è la madre Lea a ribellarsi: «Quando le donne rompono la linea di continuità si apre la frattura, la crisi vera. Autore Marco Tullio Giordana (65 anni, foto) ha esordito alla regia nel 1980 con «Maledetti vi amerò». Nella sua carriera ha affrontato temi impegnati quali il terrorismo («La meglio gioventù», 2003) e la mafia («I cento passi», 2000). Nel 2012 ha portato sulle scene teatrali «The Coast of Utopia». Il 17 novembre debutterà, con «Il testamento di Maria» di Tóibín, a Torino Don Ciotti rivela che, dopo Lea, è stato avvicinato da molte donne terrorizza­te, il fenomeno è in crescita, è l’unico modo per rompere il blocco, la fortezza impenetrab­ile». Per Lea un cast di volti nuovi di cui Giordana è entusiasta, partendo dalle due eroine, Vanessa Scalera (Lea) e Linda Caridi (Denise). Ma fra quei cento passi e questi c’è continuità: «È sempre l’universo familiare, clan a delinquere fondato sul sacro vincolo di sangue. Lea si ribella e cambia vita perché pensa ai figli, cioè al futuro. Gli uomini hanno perso credibilit­à, le donne sono concrete, a loro spetta educazione e trasmissio­ne di valori. L’elemento rivoluzion­ario è femminile».

La prova? È nel testo che Giordana prepara dell’irlandese Colm Tòibìn, Il testamento di Maria con Michela Cescon, dal 17 novembre allo Stabile di Torino. «Le due figure archetipe di madri, una laica, l’altra sacra, la Madonna, due ribelli che protestano contro il ruolo attribuito, vogliono esser se stesse». Anche Lea ha una sua religione in fondo? «In lei c’è sacralità. Ex agnostico e incredul o , o g g i h o la massima curiosità e invidia per chi ha la fede. Penso che Lea credesse: quel sentimento di maternità l’avvicina alla religione. Perciò metto il film a disposizio­ne della società civile. Ma di politica non ne voglio più nemmeno sentir parlare».

«Un omicidio tribale e orrendo, uno dei fatti di cronaca più spaventosi»

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