LA NUOVA BORGHESIA A TRAZIONE «INTEGRALE»
Il primato di Milano su Roma si fonda su un vasto sistema economico che riesce a essere competitivo e sostenibile Una popolazione di piccole e medie imprese che coniuga profitto e società, tecnologia e artigianalità, visione globale e territorio Tutto que
Isondaggi dicono che la fiducia degli italiani è tornata a crescere. Un dato importante perché permette di diradare la cappa plumbea che aveva pervaso l’intero Paese negli ultimi anni.
Ma, come sappiamo, una rondine non fa primavera. Adesso si tratta di consolidare i segnali di ripresa, accompagnando il Paese verso una nuova stagione di sviluppo. Dal punto di vista politico, il Pd occupa il centro della scena. E per bocca del suo leader parla di cambiamento e riforme. Una linea che ha portato Renzi ad attaccare ripetutamente sindacati e associazioni di categoria — e più in generale tutti quei corpi intermedi che costituiscono un diaframma tra l’iniziativa personale e il riconoscimento economico e sociale — considerati come roccaforti della conservazione.
E tuttavia, questa pur comprensibile spinta alla «rottamazione» non è sufficiente se nel contempo non si riescono a identificare i nuovi soggetti sociali ed economici che possono accompagnare il Paese verso il suo futuro.
Non è un caso che, in queste ultime settimane, Milano sia stata contrapposta a Roma. La diversa qualità complessiva — anche «morale» — tra la capitale e il capoluogo lombardo deriva dal fatto che Milano, a differenza di Roma, rimane il centro di un vasto sistema economico e sociale che, faticosamente, sta cercando di trovare un modo di stare al mondo nell’epoca della globalizzazione.
Al cuore di tale sistema c’è, almeno in potenza, una «nuova borghesia produttiva» portatrice di un diverso modo di fare impresa. Si tratta di una popolazione di piccole e medie imprese (a cui si potrebbero aggiungere anche tanti studi professionali e istituzioni sociali) il cui Dna imprenditoriale e organizzativo rimane ancora troppo poco conosciuto. Sto parlando di quel gruppo di aziende che, proprio negli anni della crisi, hanno investito sul loro futuro, riuscendo a diventare competi- tive a livello globale.
In realtà, queste imprese non sono accomunate solo da brillanti performance economiche. Come ci mostrano alcune recenti ricerche, pur tra mille contraddizioni, si tratta invece di organizzazioni che puntano a un modello che è possibile definire «integrale» in quanto tecnologicamente avanzato ma al contempo eticamente sensibile, capace di investimenti strutturali eppure attento alle persone, orientato alla competitività ma consapevole dei vantaggi derivanti dal godere di una buona legittimazione sociale. La strada battuta da queste imprese — che non sono la maggioranza, ma le migliori — è quella di essere competitive in virtù della loro abilità a coniugare in modo originale l’accesso a codici, linguaggi, reti planetarie e la conservazione di un forte radicamento locale. Il loro segreto — ciò che le rende uniche e a tutti gli effetti «italiane» — è la loro capacità di essere universali in quanto particolari, straordinariamente globali senza perdere il loro ancoraggio territoriale, industriali senza dimenticare l’imprinting artigianale, strumentali senza rinunciare al senso. Declinato prima di tutto attorno alla questione della sostenibilità ambientale e poi al tema delle nuove relazioni sindacali incentrate su rapporti di lavoro cooperativi e, infine, della bellezza, intesa come condizione da rispettare nella propria attività imprenditoriale. Imprese cioè che, oltre a fare economia, fanno anche società.
Il problema è che, almeno fino ad oggi, si tratta di una somma di individualità più che di un gruppo sociale consapevole di sé. Nonostante gli importanti risultati economici di questi anni, questa nuova popolazione imprenditoriale non è finora riuscita a darsi un linguaggio e una identità comuni. E perciò non ha saputo esercitare un’influenza culturale e politica. Tanto sulla classe imprenditoriale quanto sul Paese.
Ora però è il momento di rompere gli indugi. Per riuscire davvero a intraprendere la via del suo futuro, il Paese ha un estremo bisogno di una nuova leadership sociale che lo aiuti a ritrovare la sua vera identità. Che è poi quella che accomuna queste imprese: «saper fare» in modo tecnicamente perfetto senza perdere una originalità di senso e di gusto. È proprio qui che si ritrova la specificità che rende unica e vincente l’Italia in tutto il mondo: tenere insieme il particolare con l’universale, lo strumentale con il senso e la bellezza.