Corriere della Sera

Trovare un po’ di fiducia (nella fontana di Trevi)

- Di Paolo Conti

La Fontana di Trevi è stata restituita al nitore dei marmi e a una luce miracolosa dopo 17 mesi di lavori di restauro. Lo splendore di Roma riesce a cancellare, almeno per una sera di incanto, le tenebre del crollo di Marino, lo sfregio di Mafia Capitale.

Lo splendore di Roma riesce a cancellare, almeno per una sera di incanto, le tenebre del crollo di Marino, del disastro di una città sporca e invivibile, dello sfregio di Mafia Capitale, dell’oltraggio del funerale Casamonica, della metropolit­ana che si blocca ogni giorno. La Fontana di Trevi è stata restituita al nitore dei marmi e a una luce miracolosa dopo 17 mesi di lavori di restauro, con il supporto del marchio Fendi e di Acea. La Fontana di Trevi rimanda a «La Dolce Vita», all’onirico bagno di Anita Ekberg e Marcello Mastroiann­i, a un 1960 ancora carico di sogni e di progetti. Quella Grande Bellezza, marchio fortunatis­simo di Paolo Sorrentino, ripropone al mondo il trionfo del rococò firmato da Nicola Salvi e Giuseppe Pannini, due Maestri del tardo barocco. È la Roma sognata da milioni di turisti ma profondame­nte amata dai veri romani, esasperati da una quotidiana Immensa Bruttezza, indegna della Capitale d’Italia. La parabola della Fontana di Trevi dimostra che il Bello può salvare Roma, aiutarla a ritrovare il prestigio, la dignità, il rango che le competono. È successo già col restauro del Colosseo, col lungo ripristino del colonnato e della facciata di San Pietro. Roma salvata dalla sua Storia, dalle sue radici, dal suo passato e per questo proiettata nel futuro. Non è fiction. Può essere magnifica realtà.

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