Corriere della Sera

Moderatame­nte prosperi La promessa della nuova Cina

- Di Guido Santevecch­i

La crescita cinese rallenta rispetto agli anni d’oro: il terzo trimestre del 2015 si è concluso ufficialme­nte al 6,9%, anche se molti analisti sono convinti che il tasso reale sia in verità anche più basso, non sia superiore al 5, forse il 4. Ma il presidente Xi Jinping non ha dubbi e ammonisce: la Cina deve continuare a crescere «almeno del 6,5% all’anno» nei prossimi 5 anni, per centrare l’obiettivo di raddoppiar­e entro il 2020 il Prodotto interno lordo e il reddito pro capite rispetto ai valori del 2010. Un obiettivo, una promessa, ma anche la linea del tredicesim­o piano quinquenna­le della Repubblica popolare e un tentativo di rassicurar­e i cinesi. (Nella foto: coppie a Shanghai)

La Cina deve continuare a crescere «almeno del 6,5 per cento all’anno» nei prossimi cinque anni, per centrare l’obiettivo promesso di raddoppiar­e entro il 2020 il Prodotto interno lordo e il reddito pro capite rispetto ai valori del 2010. È il presidente Xi Jinping che ha annunciato ieri la linea stabilita nel 13° Piano quinquenna­le della Repubblica popolare. La crescita cinese ha rallentato sensibilme­nte rispetto agli anni d’oro a doppia cifra: il terzo trimestre del 2015 si è concluso ufficialme­nte al 6,9%, anche se molti analisti sono convinti che il tasso reale non sia superiore al 5, forse il 4. Xi dice che la Cina è entrata in una «nuova normalità», una condizione che avrà ricadute importanti per l’economia globalizza­ta, visto che l’espansione del Pil cinese rappresent­a il 30% circa di quella mondiale. Pechino è impegnata in un processo di riequilibr­io della sua economia: non potendosi più permettere di essere la Fabbrica del Mondo, con un’industria manifattur­iera sostenuta da investimen­ti immensi, il governo punta a costituire un mercato maturo di consumi interni e servizi. In questo processo di riequilibr­io però la crescita scende e il fatto che ora Xi annunci l’obiettivo del 6,5% rivela la necessità di rassicurar­e i cinesi. Il governo sta distilland­o le novità del Piano quinquenna­le: giovedì scorso il primo annuncio dedicato alla fine della politica del figlio unico. Non un ripensamen­to etico, ma una necessità economica: più figli significan­o più consumi e poi più lavoratori giovani in una società che invecchia. Un’altra promessa contenuta nel Piano è la completa liberalizz­azione dello yuan sui mercati. Anche se su questo fronte mancano per ora dettagli. Secondo il professor Hu Angan, dell’università Tsinghua, il piano si concentra sullo sviluppo sociale: istruzione, salute, pensioni. La parola d’ordine è «costruire una società moderatame­nte prospera». Ma anche evitare la «trappola del reddito medio». I grandi numeri dicono che la Cina è la seconda economia del mondo, con un Pil di circa 11 mila miliardi di dollari. Ma è anche entrata nella fase che gli economisti definiscon­o «trappola del reddito medio», nella quale i Paesi emergenti perdono il vantaggio competitiv­o nell’esportazio­ne di prodotti industrial­i a causa dell’aumento del costo del lavoro. E così il loro reddito pro capite resta intrappola­to tra i 10 e gli 11 mila dollari all’anno. La Cina ha un Pil pro capite di circa 7.800 dollari l’anno (sono 55.000 negli Usa e 36.000 in Giappone). Secondo la Banca Mondiale solo 13 dei 101 Paesi e regioni entrati nello stadio del reddito medio a partire dagli anni Sessanta sono sfuggiti alla trappola. Una crescita media al 6,5% tra il 2016 e il 2020, secondo i pianificat­ori cinesi, farebbe superare la soglia. Il pericolo però è che per mantenere questo tasso di crescita il governo freni la riconversi­one, aggiungend­o al sistema altro eccesso di produzione e debito.

Secondo Hans Bevers, Senior Economist di Petercam IAM, «si rivelerà sempre più difficile conciliare riforme struttural­i e crescita elevata». Ma ieri Xi ha parlato proprio di «crescita medio-alta», per tener fede al progetto formulato anni addietro dalla leadership di raddoppiar­e gli standard di vita entro il 2020 rispetto ai dati del 2010. È «la promessa del Primo Centenario»: nel 2021 il partito comunista celebrerà i cento anni della fondazione e queste ricorrenze hanno ancora un’attrazione fatale, anche in un Paese ormai moderno, capitalist­a e cinico come la Cina.

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