Messina, in mare l’acqua potabile
Le due città in emergenza mentre quella potabile viene dispersa in mare
Il rattoppo del vecchio acquedotto non regge. Una frana e Messina torna a secco. C’è un altro acquedotto, l’Alcantara, che non si riesce a collegare alla rete e sversa acqua potabile in mare. Gela all’asciutto si appella a Fiorello.
Emergenza Nella città dello Stretto arriva la Protezione Civile per garantire il rifornimento idrico
Il rattoppo al vecchio acquedotto non ha retto. Un’altra frana. L’ennesima perdita con l’acqua che zampilla in aperta campagna come petrolio nel Texas e la città dello Stretto precipita di nuovo nell’incubo dei rubinetti a secco, della corsa alle autocisterne, di riunioni e polemiche, di liti e unità di crisi, mentre da Roma il governo centrale manda una squadra guidata dal capo della Protezione civile Francesco Curcio.
Uno smacco per la Sicilia autonoma incapace di governare il suo territorio, per il claudicante quarto governo regionale fatto nascere ieri sera da Rosario Crocetta che, da ex sindaco di Gela, si ritrova un’altra questione rovente, la mancanza d’acqua nella sua città natale, nei quartieri della zona alta. E da Gela parte un altro accorato e provocatorio appello a Fiorello, lo showman che accese i riflettori su Messina, dopo una settimana passata senz’acqua.
Considerato il replay di ieri nell’area dello Stretto dove un altro acquedotto, l’Alcantara, sversa cascate d’acqua in mare, non c’è da farsi illusioni. Ma da Gela provano a vincere la rassegnazione tre giovani donne, due avvocate e una esportatrice di prodotti siciliani, drammaticamente divertenti nell’appello: «Fiorello adottaci tu». Eccole Paola Giudice, avvocata come Paola Turco, mamma di una bimba di dieci mesi, e sua sorella, Giorgia Turco, l’esportatrice: fanno rimbalzare la protesta su «Horsemoon», il blog di un altro gelese arrabbiato, Enzo Scichilone, deciso a raccogliere le firme contro l’acqua che non c’è.
E lo sa bene il sindaco di questa città malamente cresciuta all’ombra del Petrolchimico, Domenico Messinese, a maggio vittorioso con Grillo sul candidato di Crocetta: «Noi siamo vittime di un sistema perverso. Dovrebbe assicurare l’erogazione 24 ore al giorno la società diretta da un ingegnere che ha avuto il coraggio di vantarsi dei suoi successi: “Con me l’acqua l’avete una volta ogni 4 giorni, anziché ogni 8 giorni”. Cose da pazzi accadono in questa Sicilia...».
È la stessa rabbia delle tre professioniste raccolte in una terrazza dove campeggia una cisterna, «l’arredo più comune per una popolazione come quella di Gela», stando all’amara ironia di Giulia Turco che con Scichilone prova a scuotere tutti: «Da una settimana una frana ha messo fuori uso l’acquedotto nell’area dell’ospedale, ma nessuno parla».
Se a Gela l’acqua a volte non arriva nemmeno nei campi perché anche dalla vicina diga Disueri viene spesso buttata via verso il mare, lo stesso paradosso vive Messina con l’Alcantara. Un acquedotto gestito da Siciliacque, società in mano ai privati e, per il 25 per cento, alla Regione. Un acquedotto che si sta frettolosamente cercando di collegare con un bypass a quello rattoppato, da ieri di nuovo in tilt, il Fiumefreddo. Lo assicura il top manager della società, l’ingegnere Stefano Albani, stanco delle critiche: «Noi abbiamo cominciato a lavorare al bypass quando ancora Messina nemmeno ce l’aveva chiesto. L’Alcantara è sempre stato disponibile per loro. Ma se non lo chiedono non possiamo collegarci alle loro condutture. E se le sorgenti non vengono usate è ovvio che l’acqua torni al suo ciclo naturale...».
Ma naturale non è che l’acqua finisca in mare a due passi da una città assetata. Prova di un sistema senza governo. Con polemiche legate all’alto costo, ma respinte da Albani: «Le tariffe sono quella dell’“Autorità per energia elettrica, gas e servizi idrici”. Non le stabiliamo noi». Questo lo scenario disastrato in cui si muovono massaie con i bidoni davanti alle autobotti, commercianti disperati, tecnici sfiniti davanti agli zampilli.