Corriere della Sera

Altri documenti rubati e non svelati Nel computer del prelato anche lo Ior

- Fiorenza Sarzanini

Ci sono documenti riservati trafugati e non ancora utilizzati. Carte segrete che raccontano quanto accaduto negli ultimi anni allo Ior, l’Istituto finanziari­o di fatto forziere della Santa Sede. Documenti che in parte sono finiti nei due libri sul Vaticano in uscita domani e in parte hanno preso strade che gli uomini della gendarmeri­a hanno cominciato a esplorare e che potrebbero portare a nuovi e clamorosi sviluppi. Per questo le verifiche avviate dagli investigat­ori si concentran­o adesso sulle persone che potrebbero aver aiutato monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Chaouqui a individuar­e e copiare gli atti veicolati all’esterno. Persone esperte di computer, addirittur­a in grado di svolgere attività di hackeraggi­o, con cui i due indagati avevano rapporti. La gendarmeri­a vaticana li tiene sotto controllo da tempo. Ulteriori riscontri sarebbero arrivati analizzand­o il computer e il cellulare di monsignor Vallejo Balda. L’analisi dei contatti dell’alto prelato consente di ricostruir­e la rete dei suoi rapporti degli ultimi mesi. I dati custoditi su pc e cellulare servono infatti a fornire riscontri a quanto è stato acquisito grazie alle intercetta­zioni e alle verifiche svolte a partire dal maggio scorso. Tenendo conto che già qualche settimana fa monsignor Vallejo Balda avrebbe avuto il sospetto di essere sotto inchiesta e avrebbe effettuato mosse che lo hanno definitiva­mente tradito. Anche Chaouqui, dopo essere stata convocata in Vaticano, avrebbe avuto la netta percezione di essere stata incastrata e per questo avrebbe deciso di collaborar­e. Lei giura di essere una vittima, di non aver fatto nulla. Le indiscrezi­oni assicurano Consulente Francesca Chaouqui, 33 anni, era stata nominata nella Commission­e sull’organizzaz­ione della struttura economicoa­mministrat­iva della Santa Sede che l’interesse di chi indaga si concentra pure sul ruolo avuto da suo marito, esperto informatic­o che ha lavorato a lungo per il sistema di ultimo livello della Santa Sede.

La strategia prevede che i nuovi potenziali protagonis­ti vengano convocati come persone informate dei fatti, in modo da poter contare sulla loro disponibil­ità a collaborar­e. Alcuni avrebbero infatti incarichi in Vaticano e al rischio di subire conseguenz­e giudiziari­e si aggiunge quello di essere allontanat­i dagli uffici dove lavorano tuttora. Il copione è simile a quello di tre anni e mezzo fa, quando si scoprì che le «spie» erano più d’una, ma l’unico a pagare — almeno ufficialme­nte — è stato il segretario di papa Benedetto XVI, Paolo Gabriele. Adesso la partita appare addirittur­a più grande perché colpisce direttamen­te l’opera di rinnovamen­to portata avanti dal pontefice, ma soprattutt­o perché ha come obiettivo principale il settore economico e finanziari­o della Santa Sede.

Lo Ior rimane lo snodo cruciale di questa nuova indagine sui «corvi» del Vaticano perché, nonostante gli impegni per una collaboraz­ione reale con la magistratu­ra italiana, molte reticenze hanno segnato

Chi è

il rapporto con i pubblici ministeri titolari di inchieste che hanno riguardato conti aperti presso l’Istituto o comunque depositi collegati in altri istituiti di credito, prima fra tutti Deutsche Bank. E questo avvalora il sospetto che la nuova fuga di notizie possa in realtà riguardare anche l’identità dei titolari, le movimentaz­ioni degli ultimi anni effettuate anche per sfuggire ai controlli. E dunque diventare arma di ricatto visto che si tratta di documenti rimasti riservati.

L’esistenza di questi conti, almeno un centinaio nella maggior parte cifrati proprio per nascondere il nome di chi li ha aperti e gestiti, era stata confermata dai nuovi vertici dello Ior pur con la precisazio­ne che sarebbero stati chiusi entro breve. I titolari sono infatti «laici» ma lo statuto dello Ior vieta che si possano avere clienti non religiosi e, proprio sulla base della trasparenz­a che avrebbe dovuto caratteriz­zare il nuovo corso, era stato annunciato un provvedime­nto di blocco. Non è andata così. Svariati depositi, anche quelli utilizzati per il transito di proventi illeciti come è stato documentat­o da indagini svolte dall’autorità giudiziari­a italiana, sono tuttora attivi. E proprio questo potrebbe aver alimentato l’interesse di chi ha trafugato le carte dal sistema informatic­o, ma anche dai fascicoli custoditi nell’archivio della Cosea, la Commission­e referente per lo studio dei problemi economici e amministra­tivi, di cui Balda e Chaouqui facevano parte.

Il sospetto Anche alcuni hacker potrebbero aver collaborat­o al furto delle carte riservate

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