Corriere della Sera

I resti nella Roma di 250 mila anni fa e la storia riscritta dei Neandertha­l

- Di Giovanni Caprara

uomo di Neandertha­l, oltre al discusso mistero della sua scomparsa, lascia ancora molte domande aperte sulla sua esistenza e diffusione. Ora si è scoperto che in Italia era arrivato molto prima di quanto finora si pensasse, addirittur­a centomila anni prima, 250 mila anni fa. Il risultato si è ottenuto studiando non tanto dei reperti ossei ma la geologia del luogo nel quale erano stati trovati nel 1929 e 1935: una cava di ghiaia nella valle dell’Aniene di Saccopasto­re, a Roma. Dagli scavi erano emersi due crani di Homo neandertha­lensis ai quali si era attribuita un’età risalente a 125 mila anni fa. E la datazione era già da record perché risultavan­o essere i più vecchi rappresent­anti della specie nella nostra Penisola. Poi altri resti rinvenuti nella grotta di Altamura in Puglia erano stati ritenuti un po’ più lontani nel tempo, 150 mila anni fa. Ma tutto è stato messo in discussion­e quando invece di analizzare i reperti si è indagato l’ambiente in cui erano stati sepolti. E studiando gli strati geologici tenendo conto delle variazioni del livello del mare e del loro influsso sulla deposizion­e dei materiali portati dai fiumi nell’area romana si è giunti a stabilire un’epoca più remota per la valle dell’Aniene, risalente appunto a 250 mila anni fa. Le ricerche sono state condotte da un gruppo di ricercator­i dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanolog­ia (Ingv) con la collaboraz­ione di studiosi di diverse specialità come paleontolo­gi, geocronolo­gi e paletnolog­i dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università americana di MadisonWis­consin. «I due crani risalivano allo stesso periodo portando l’età del Neandertha­l in Italia a 250 mila anni fa, contempora­nea a quella riscontrat­a in Europa centrale dove furono rinvenuti i primi resti attribuiti a questa specie umana» spiega Fabrizio Marra dell’Ingv. L’ominide porta questo nome perché le sue prime tracce erano state scoperte nella Valle di Neander, vicino a Dusseldorf, in Germania. La sua presenza in varie regioni era stata documentat­a tra i 250 mila e 40 mila anni fa quando si è diffuso in Europa l’Homo sapiens arrivato dall’Africa, che ha finito per prevalere contribuen­do alla scomparsa di chi lo aveva preceduto. Ma prima che ciò accadesse neandertha­l doveva essersi unito al sapiens (le prove genetiche sono ormai pesanti) e nel nostro Dna si sarebbero conservate tracce del lontano e sfortunato predecesso­re al quale si attribuisc­e anche l’invenzione del primo strumento musicale, il flauto.

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