Gli occhi della Resistenza negli scatti di De Marco
La messa a fuoco è solo negli occhi. Occhi che hanno aiutato a percorrere « il sentiero dei nidi di ragno», occhi che hanno visto la morte dei compagni di strada, occhi che hanno conosciuto l’esperienza della libertà. Ma con la libertà, anche la disillusione, per alcuni una sconfitta nello scoprire un mondo altro, lontano dalle speranze e le utopie della gioventù. «Partigiani di un’altra Europa» è la mostra che Danilo De Marco ha realizzato a Trieste (a Palazzo Gopcevich, sino all’8 dicembre) una esposizione con quasi 60 potenti ritratti che rappresentano non un lavoro sulla memoria della Resistenza come visione nostalgica ma sul potere della fotografia, come linguaggio per testimoniare la necessità di riflettere sul presente.
Da circa dieci anni Danilo De Marco ha realizzato oltre 1200 ritratti di uomini e donne di tutta Europa che hanno combattuto nella guerra di Liberazione, dando così vita a un’operazione che ha una doppia lettura: antropologica e artistica. Da una parte, infatti, insieme ai volti intensi, dai nomi di battaglia incredibili (Cid, Walchiria, Annick, Mameli, Baska Attila…) scopriamo la storia di una umanità che in un momento tragico della storia ha fatto la scelta più difdegli ficile; dall’altra troviamo una ricerca artistica di altissima qualità formale capace di restituire «immagini simulacro», assolute e potenti. Non a caso, Arturo Carlo Quintavalle, nel testo di presentazione al catalogo scrive «occhi antichi» di questi volti: «Guardate quei neri dai toni scalati, quei chiari che corrodono gli scuri, la densità di ogni dettaglio, guardate, guardate e datevi il tempo che serve per poter entrare dentro una storia».
Il segreto per capire questa mostra (antiretorica) sulla Resistenza sta proprio nell’antiretorica della bellezza: siamo di fronte a volti fermati nella vecchiaia presente in tutta la sua cruda verità. Ma in quei volti, come ha ricordato Gian Paolo Gri «gli occhi esprimono consapevolezza di aver scelto giusto, esprimono bisogno di verità, bisogno di libertà».