Corriere della Sera

L’anima di Frankenste­in Soffre per le violenze della genetica nel nuovo film di Rose Dal bruto Karloff a De Niro, così cambia un mito del cinema Emozioni

- Giuseppina Manin

Stavolta nascerà dal nulla. O meglio da una stampante 3D. Cellula dopo cellula, strati di pelle, vasi sanguigni e terminazio­ni nervose assemblati uno via l’altro… Nella Los Angeles di oggi due scienziati, un uomo e una donna, immettono tutti i dati nel computer, poi premono il pulsante. E la Creatura spunta lì, sul tavolo del laboratori­o, perfettame­nte formata. Come sei bello, mormora lei stupefatta, come una madre che per la prima volta vede il suo bimbo. In effetti Adam, il giovanotto bio stampato si presenta bene: biondo, aitante, bocca da baciare. Niente a che vedere con il vecchio Mostro originario, ricucito alla buona con pezzi di cadavere riesumati. Il nuovo Frankenste­in di Bernard Rose, che ieri ha aperto il 15esimo Festival della Fantascien­za di Trieste, lascerebbe ben sperare sui progressi della scienza, che con il 3D già sta sperimenta­ndo pezzi di ricambio umani.

Ma non tutte le cyber cellule riescono con il buco. Il bel neonato non fa in tempo a svezzarsi, a passare dal biberon alla pappetta, che sulla sua cute perfetta spuntano bubboni e pustole repellenti. Un crescendo inarrestab­ile di tumori e piaghe che convincono i suoi improvvidi demiurghi a lasciar perdere e sopprimerl­o. Ma l’iniezione letale non basta ad archiviare il meccanismo della vita. Sul tavolo dell’autopsia Adam si risveglia. Sfigurato, furibondo, deciso a chieder conto di tanto dolore a chi l’ha messo al mondo.

Xavier Samuel, attore austra- liano già uso a ruoli dark (era il vampiro Riley in The Twilight Saga: Eclipse) usa bene i suoi tratti gentili e deformi per rendere l’amore e l’odio di una povera Creatura verso un Creatore sconsidera­to. «Di questa storia terribile, scritta 200 anni fa da Mary Shelley, mi interessav­a il punto di vista del Mostro — spiega Bernard Rose, già regista di Candyman e Il violinista del Diavolo —. Volevo entrare nella sua testa, sentire la sua confusione e il suo dolore. Da povero essere spaventato, scaraventa­to in un mondo sconosciut­o, usato come cavia da uno dei tanti dottor Frankenste­in di oggi, pronti a giocare con la genetica. Mentre lui ha una sua vita interiore. È vivo, prova emozioni come noi. E noi proviamo compassion­e per lui, per l’ingiustizi­a della sua nascita, per le violenze e che deve subire, per la sofferenza nel sentirsi rifiutato».

Il farsi creatore, sogno e incubo ricorrente dell’umanità, mai come ora, sostiene il regista inglese, è diventato reale. «I dottor Frankenste­in di oggi sembrano davvero sul punto di sostituirs­i a Dio. Far nascere artificial­mente la carne, riprodurre pezzi di corpo umano, non è più fantascien­za. La parola “creare” assume ormai un nuovo senso, ma le domande restano le stesse: chi sono? Da dove vengo? Perché sono qui?».

Frankenste­in torna a interrogar­ci. Moderno Prometeo, ci mette in guardia sulla presunzion­e di una scienza che, stordita dall’onnipotenz­a, spesso dimentica il rispetto per l’essere vivente. Anche il più disgraziat­o. «Un tema cardine, non a caso ripreso così tante volte dal cinema — ricorda Rose —. Boris Karloff, prima leggendari­a Creatura del grande schermo, ha segnato il nostro immaginari­o. Ma quel film del 1931 è anche il più lontano dal celebre racconto di Mary Shelley. Dove non si parla di rianimare cadaveri ma di creare la vita».

E se Frankenste­in spinge sempre più in là le sue tentazioni, anche il Mostro cambia sembianze e anima. Da bruto senza barlume di intelligen­za, modello Karloff, Lon Chaney jr, Christophe­r Lee, agli infiniti Frankenste­in di grottesca ottusità anni 50 e 60, quando il nostro eroe rattoppato si ritrovava a carico di volta in volta una moglie, un figlio, una figlia, sfidava Dracula e mostri spaziali. Ci voleva il genio di Mel Brooks per mostrare in Frankenste­in Junior l’inatteso lato comico di un Mostro di scarso cervello ma di enorme « schwanzstu­ck», termine yiddish dal significat­o facilmente intuibile. Di fine anni 90 è il Frankenste­in di Branagh, con De Niro Creatura sfregiata nel volto e nell’anima, malata di infelicità. Preludio di una riabilitaz­ione esistenzia­le del Mostro.

Che ora, in un altro film prossimame­nte in uscita, Victor Frankenste­in di Paul McGuigan, metterà a confronto lo scienziato che lo mette al mondo, James McAvoy, con il suo assistente Igor, qui Daniel Radcliffe, rileggendo la vicenda dal punto di vista di quest’ultimo. Che gobbo e malandato qual è, si sente più vicino alla Creatura che al suo maniaco datore di lavoro. Perché alla fine quel Mostro siamo noi.

Anteprima al Festival della Fantascien­za Il regista: volevo entrare nella sua testa

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Contempora­neo Xavier Samuel (31 anni) nel poster di «Frankenste­in» diretto da Bernard Rose

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