EFFETTO DOMINO DELLA CANNABIS LIBERALIZZATA IN AMERICA
Ventiquattro ore dopo il no dell’Ohio alla liberalizzazione della marijuana, la Corte Suprema del Messico ha aperto alla legalizzazione della cannabis. Decisioni opposte che sembrano maturate in due mondi lontani. In realtà è proprio quello che sta accadendo nella frastagliata realtà degli Stati Uniti, dove i conservatori dell’Ohio si oppongono a un’apertura che è già fatto compiuto in altri Stati (dal Colorado all’Oregon, da Washington all’Alaska) a spingere il Messico e altri Paesi a rivedere le norme in materia di droghe leggere. Il Messico è uno dei Paesi con le leggi antidroga più severe e quello dei suoi giudici è solo un primo passo: il riconoscimento che i cittadini possono coltivare e distribuire marijuana per uso personale apre la strada alla modifica di un sistema repressivo che non ha impedito la nascita di un immenso business criminale e la diffusione della corruzione tra i politici. Il tutto per combattere la produzione di droghe pesanti, ma anche quella della cannabis che rappresenta tuttora un quinto del giro d’affari dei trafficanti, salvo poi essere liberamente venduta almeno in parte degli Usa. Che senso ha continuare a mantenere norme restrittive a questo punto? È quello che si sono chiesti i giudici messicani. Depenalizzare non è una soluzione, anche perché le droghe più pesanti restano proibite ovunque, ma è evidente che il clima sta cambiando. E se anche Obama cerca di ridurre il sovraffollamento dei penitenziari con scarcerazioni anticipate per i crimini di droga meno gravi, altri Paesi sudamericani si sono già mossi: dall’Uruguay che ha legalizzato la marijuana due anni fa al Brasile che sta per depenalizzare anche la cocaina. In Colombia il presidente Santos, grande alleato degli Usa nella lotta contro il narcotraffico, si chiede perché continuare a imprigionare poveri coltivatori di un’erba che può essere legalmente venduta negli Stati Uniti.