FORZA ITALIA E L’ALLEATO INEVITABILE
Ma perché dovrebbe stupire, scandalizzare, dividere Forza Italia — o quel che ne resta —, il fatto che Berlusconi vada nella piazza della Lega a Bologna? Era il caso di montare uno psicodramma?
Non vale neppure la pena rispondere a chi sta cercando di creare un clima da luglio 1960: è evidente che qualsiasi forza politica democratica ha diritto di espressione in qualsiasi città; e proprio da Bologna, con una manifestazione dal titolo molto esplicito, Grillo lanciò la sua rincorsa al 25 per cento. Più interessante è capire perché desti meraviglia e acrimonia, anche dentro Forza Italia, la circostanza che il fondatore manifesti con la Lega.
Non c’è dubbio che, se dovesse scegliere un commensale o un compagno di vacanze, Berlusconi preferirebbe Renzi a Salvini. Ma, dopo la fine delle larghe intese e dopo la rottura del patto del Nazareno, l’alleanza con i leghisti e la ricostruzione del centrodestra è per lui la via obbligata.
Ogni leader politico ha uno schema in testa. E con quello gioca la sua partita. Lo schema di Berlusconi fin dal ‘94 è sempre stato unire tutti gli oppositori della sinistra, dai moderati ai radicali, senza arretrare di fronte a nulla: il Bossi secessionista, il Fini secondo cui Mussolini era il più grande statista del Novecento, e poi gruppuscoli e personaggi anche meno significativi. Non si vede perché non dovrebbe cercare anche ora l’alleanza con una Lega in salute, oltretutto in un momento in cui Salvini sembra aver rinunciato, almeno a parole, alla scorciatoia populista — l’uscita dall’euro, la guerra a Berlino e a Bruxelles — che la svolta greca ha dimostrato impraticabile.
Berlusconi rischia di sottomettersi a Salvini? Ma il consenso ormai è lì, lì ormai — anche a causa degli errori di questi anni — sono i suoi elettori, non al centro, presidiato da Renzi: un’area in cui sarà molto difficile che partitini nati da operazioni di Palazzo si trasformino in una forza politica autonoma e competitiva alle elezioni. E, se vuole conservare un ruolo di raccordo, Berlusconi deve stare dov’è il consenso; tentando di orientarlo in una prospettiva ragionevole di opposizione e di alternanza, anziché verso una deriva antisistema. Che poi nel ruolo di trait d’union che fu di Tremonti ci sia oggi il suo arcinemico Brunetta — grande sostenitore della flat tax, l’aliquota unica proposta dal Carroccio — è solo un’apparente bizzarria che conferma la regola della politica italiana degli ultimi vent’anni.
Non è impossibile che sia proprio la Lega a esprimere il candidato premier del centrodestra. Anche la Cdu — mutato il molto che c’è da mutare — nel 1998 lasciò che corresse per la cancelleria il capo degli alleati bavaresi della Csu: Stoiber però fu travolto dal socialdemocratico Schröder, il cui slogan era appunto «Die Neue Mitte», il nuovo Centro. Al di là della dimostrazione di forza a Bologna, per Salvini un ballottaggio contro Renzi sarebbe ostico; tanto più che il suo sbarco al Sud per ora è fallito, perché la Lega Sud non può nascere come una sottomarca di un prodotto del Nord. Ma se Salvini e Berlusconi trovassero insieme un uomo davvero nuovo, credibile e fuori dai giochi, come è stato Brugnaro per Venezia, allora l’esito finale potrebbe riaprirsi; perché il centrodestra in Italia ha una riserva di voti più ampia, e non è scontato che lo schema di Renzi — giocarsi la partita a tutto campo, ponendosi non come antiberlusconiano ma come postberlusconiano — porti i voti necessari a compensare l’emorragia a sinistra. Restare accanto alla Lega, per ricostruire un’alleanza credibile in futuro per il governo del Paese: al di là delle intemperanze verbali che certo ascolteremo domani da piazza Maggiore, Berlusconi non ha prospettive diverse da questa.