Corriere della Sera

Vola l’occupazion­e negli Usa Si prepara il rialzo dei tassi

A ottobre 271 mila posti, aumenta la paga oraria. Attesa per inflazione e tassi

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Massimo Gaggi

Ai minimi dal 2000 la disoccupaz­ione negli Stati Uniti: è scesa al 5 per cento, dimezzata rispetto al picco del 10 percento toccato nel 2009. Duecentose­ttantuno mila occupati in più a ottobre, centomila in più di quanto previsto dagli economisti. Tornano a crescere anche i salari. I dati positivi sulla ripresa di fatto aprono la strada al rialzo dei tassi di interesse entro la fine dell’anno da parte della Federal Reserve.

Duecentose­ttantunomi­la occupati in più ad ottobre, centomila in più di quanto previsto dagli economisti. E la disoccupaz­ione che scende al 5 per cento: dimezzata rispetto al picco del 10 per cento toccato nel 2009. Tornano a crescere anche i salari: l’aumento della paga oraria media (25,20 dollari, più 9 centesimi) è il più alto dalla crisi del 2009. Davanti a un rapporto sul mercato del lavoro di ottobre che più positivo non avrebbe potuto essere, Ted Wieseman, economista di Morgan Stanley, si limita prudenteme­nte a certificar­e l’ovvio: «Agosto e settembre avevano deluso, ma con i numeri di ottobre la Fed inizierà ad agire sui tassi d’interesse, anche perché Janet Yellen aveva già abbassato l’asticella per un intervento della Banca centrale nella sua audizione di mercoledì davanti al Congresso».

Un altro analista, Paul Ashworth di Capital Economics, va molto oltre: «Al di là dell’aumento dei tassi di dicembre, riteniamo che la “big story” del prossimo anno sarà quella di un’inattesa impennata dei salari e, quindi, di una ripresa dell’inflazione che obbligherà la Federal Reserve ad essere molto più aggressiva di quanto fin qui previsto» in materia di aumento del costo del denaro.

Certo, bisogna sempre ricordare che non è tutto oro quello che riluce in un’economia americana considerat­a fino a ieri sull’orlo della deflazione: la disoccupaz­ione cala in un quadro nel quale continua a diminuire la partecipaz­ione dei cittadini al mercato del lavoro (siamo al 62,4 per cento, il livello più basso degli ultimi 38 anni) mentre il governo Usa considera occupato anche chi lavora, suo malgrado, solo part-time.

Ma i dati di ottobre migliorano il quadro da tutti i punti di vista (cala anche, da 10 al 9,8%, il numero dei lavoratori part-time che avrebbero preferito un impiego a tempo pieno). E la nuova occupazion­e è stata creata quasi per intero nel settore privato: su 271 mila nuovi posti, solo tremila vengono da impieghi pubblici. Gran parte della crescita è stata nei servizi, mentre il settore manifattur­iero (frenato dal «superdolla­ro» che rallenta le esportazio­ni) registra un saldo zero e quello minerario ha perso altri 4 mila posti. Niente di nuovo anche qui: il forte ribasso dei prezzi petrolifer­i, che ha indubbiame­nte sostenuto la ripresa americana, ha anche portato a una contrazion­e dell’attività estrattiva (100 mila posti persi in un anno).

Il quadro generale, insomma, è positivo col maggiore incremento degli occupati (78 mila) nei servizi profession­ali e finanziari mentre gli addetti alla salute e alla cura degli anziani sono ora 56.700 in più. Nelle costruzion­i l’occupazion­e è aumentata di 31 mila unità. Una crescita ora minacciata da rischio che un aumento dei tassi d’interesse renda più costosi anche i mutui-casa. La Yellen ha minimizzat­o questo rischio nell’audizione parlamenta­re di mercoledì, ma già ieri Freddie Mac, la finanziari­a pubblicopr­ivata impegnata nel rifinanzia­mento di molti mutui immobiliar­i, ha dichiarato che in questo settore il costo del denaro ha già cominciato a crescere, anticipand­o l’aumento ufficiale dei tassi.

Un aumento che dovrebbe essere minimo e non compromett­ere il recupero del mercato immobiliar­e, secondo la Fed. Ma se torna l’inflazione, la prospettiv­a di tre o quattro incrementi dello 0,25% sparpaglia­ti nell’arco di un anno rischia di lasciare il campo a interventi ben più incisivi.

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