Sferzata del Papa «Basta faraoni e arrampicatori»
Nell’inchiesta un funzionario di Palazzo Chigi
Nuovi accertamenti sulle «spie» in Vaticano e su possibili ricatti effettuati grazie a informazioni riservate. Il Papa contro la Chiesa «affarista», i vescovi «attaccati ai soldi» e i credenti che parlano di povertà ma poi vivono da «faraoni».
Guai ai ministri di Dio dalla «doppia vita» che «si servono degli altri» anziché servire, «gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi» che sono il volto di una Chiesa «affarista » , dice Francesco nell’omelia del mattino, a Santa Marta: « E quanti sacerdoti, quanti vescovi abbiamo visto così. È triste dirlo, no?». La «comodità dello status» («io ho raggiunto lo status e vivo comodamente, senza onestà»), contrapposta alla «radicalità del Vangelo» e alla figura di Paolo che «si è donato tutto al servizio, sempre» per finire a Roma «tradito da alcuni dei suoi» e infine «condannato».
È la prima volta che il Papa interviene in modo così diretto da quando il nuovo caso Vatileaks ha reso pubblici i documenti riservati della commissione che lui stesso aveva voluto, due anni fa, per avere un quadro della situazione e avviare la riforma. Parole che si affiancano a quelle, ancora più sferzanti, affidate a Straatnieuws, un giornale di strada di Utrecht, nei Paesi Bassi: «La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare».
L’intervista è stata pubblicata ieri e concessa da Francesco pochi giorni prima dell’arresto di Francesca Chaouqui e monsignor Vallejo Balda, che resta in cella e ieri è stato di nuovo interrogato dai pm vaticani. In tema di sprechi e alloggi principeschi, è significativo che Francesco abbia ricevuto a Santa Marta un giornale diffuso da ex senzatetto che guadagnano con la vendita in strada: «Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero».
Il Papa denuncia due «tentazioni», nella Chiesa: quella dei «faraoni» e la tentazione di «fare accordi con i governi». Certo si possono fare, ma devono essere «chiari, trasparenti». Il problema è «evitare la corruzione», perché «c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica, sia politica, sia religiosa».
Gli chiedono se pensa mai di «vendere» i tesori della Chiesa e il Papa chiarisce: «Non sono tesori della Chiesa, ma dell’umanità. Se domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è di proprietà della Chiesa: sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa » . Quanto alla ricchezza della Chiesa, Francesco ricorda che ai tempi del Concordato il governo italiano offrì «un grande parco a Roma» ma Pio XI volle «solo mezzo chilometro quadrato per garantire l’indipendenza della Chiesa » . Ecco, «questo principio vale ancora: sì, i beni immobili della Chiesa sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50 mila euro per costruire tre scuole in villaggi poveri».
Il Papa cita Il principe e il povero di Mark Twain, il ragazzo ricco che «vive in una gabbia d’oro». E ripete di aver scelto Santa Marta perché l’appartamento apostolico «non era lussuoso» ma gli pareva «un imbuto a rovescio» e «questo significa essere isolato». La gente in albergo fa in modo che «non sia tanto una gabbia». Però ammette: «Mi manca tanto la strada».
La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza C’è sempre la tentazione della corruzione, nella vita politica e religiosa