OBAMA E IL CLIMA: NO ALL’OLEODOTTO
Doveva collegare il Canada al Golfo del Messico. Un messaggio «ambientalista» anche agli alleati
Il presidente Obama ha bocciato il progetto, già contestato dagli ambientalisti, per la costruzione dell’oleodotto Keystone Xl, per portare il petrolio dal Canada agli Usa.
Dopo un’istruttoria durata ben sette anni e alla vigilia della Conferenza di Parigi sul clima, Barack Obama boccia il progetto Keystone XL: l’oleodotto di quasi duemila chilometri che avrebbe dovuto trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta, da questa provincia canadese fino al Golfo del Messico. Il «no» del presidente americano era dato per scontato da quando, alcuni giorni fa, la Casa Bianca ha rifiutato di rinviare ogni decisione come chiesto dalla società canadese responsabile del progetto.
La decisione di Barack Obama non comporta conseguenze immediate (la realizzazione dell’opera sarebbe stata comunque rinviata perché estrarre petrolio dal bitume costa molto mentre oggi il prezzo del greggio è bassissimo), ma ha un grande valore simbolico: quella che all’inizio era, per il presidente democratico, una semplice valutazione economica di un’infrastruttura energetica, è pian piano diventata la cartina di tornasole della serietà dell’impegno americano contro il riscaldamento dell’atmosfera.
Proprio ieri, dopo aver spiegato che l’oleodotto non avrebbe aggiunto molto all’economia americana, il presidente ha aggiunto che approvarne la realizzazione avrebbe contraddetto, proprio alla vigilia del decisivo summit di Parigi, la politica di riduzione delle emissioni di CO2 fin qui seguita dalla Casa Bianca. Con Keystone, Washington avrebbe perso credibilità nei suoi tentativi di spingere anche gli altri «grandi inquinatori», dalla Cina all’India, a ridurre le loro emissioni di gas-serra.
Estrarre petrolio dalle sabbie «a cielo aperto», infatti, è un processo molto nocivo. Certo, si può estrarre e vendere greggio dai campi dell’Alberta anche senza oleodotto, ma il prodotto trasportato nei vagoni cisterna costa caro (65 dollari al barile), mentre i prezzi internazionali del petrolio oggi oscillano tra 44 e i 47 dollari.
Costruire un oleodotto che abbassa i costi di consegna di questo greggio molto inquinante avrebbe contraddetto tutti gli impegni fin qui presi da Obama e da lui elencati ieri: il raddoppio del chilometraggio medio che i nuovi veicoli devono percorrere con un litro di benzina, le norme sulle centrali elettriche a carbone che dovranno essere riconvertite, il forte impegno sull’eolico e il solare.
Il presidente, che ieri ha anche detto che andrà a Parigi per la Conferenza dell’Onu (dal 30 novembre all’11 dicembre) dalla quale dovrebbe uscire un nuovo protocollo di interventi contro i mutamenti climatici sostitutivo di quello di Kyoto, ha scelto con cura il momento del suo annuncio su Keystone XL: alla vigilia della vertice di Parigi, certo, ma anche pochi giorni dopo le elezioni canadesi, vinte dall’ambientalista Justin Trudeau.
Il suo predecessore, il conservatore Stephen Harper, non solo premeva sulla Casa Bianca per il «via libera» all’oleodotto, ma l’aveva fatto diventare la questione prioritaria delle relazioni Usa-Canada.
Anche Trudeau appoggia Keystone (e ieri si è detto deluso), ma senza troppa enfasi: non ha nemmeno citato la questione nel primo colloquio telefonico con Obama, subito dopo la sua elezione. Al settimo cielo, invece, gli ambientalisti: all’inizio la Casa Bianca guardava al progetto in un’ottica solo economica, e sembrava orientata ad approvarlo. E’ solo quando gli ecologisti hanno cominciato a sottolineare l’impatto ambientale delle sabbie bituminose che Obama ha cominciato a vedere la questione in un’ottica diversa.
Con gli Usa ormai vicini all’autosufficienza energetica e i democratici (compresa Hillary Clinton) contrari all’oleodotto (come anche Donald Trump), è stato più facile per Obama rompere gli indugi e sfidare i repubblicani favorevoli a Keystone: «Sostenere che le misure per l’ambiente sono nemiche dello sviluppo economico è un vecchio modo di ragionare: le nuove tecnologie ci consentono di puntare, insieme, a tutti e due i risultati. Infatti l’economia statunitense è, al tempo stesso, quella che cresce di più in Occidente e quella che riduce di più le emissioni di CO2».
Casa Bianca «verde» Approvare Keystone XL avrebbe contraddetto la politica di riduzione delle emissioni di CO2