Corriere della Sera

«Fantasmi» a San Pietro

In ottomila dormono all’aperto in città Ai Fori, in stazione e sotto il colonnato dove il Papa manda il suo elemosinie­re

- Di Fabrizio Roncone

Solitudine, follia, disperazio­ne: sono circa 8 mila le persone che dormono all’aperto a Roma e nello Stato Pontificio. Fantasmi.

Il mucchio di stracci e di coperte tarlate e unte, si muove. Spunta una mano tremante che sposta la scatola di cartone e, lateralmen­te alla scatola di cartone, compare il volto assonnato di un uomo.

«Scusi, che ora è?», domanda con naturalezz­a e un lieve accento calabrese. Sono le 3. «Ah... allora un altro paio d’ore posso ancora dormire».

Ha la pelle olivastra e un sorriso mite, odontoiatr­ia anni sessanta, capsule metalliche e ponti tenuti da ganci: fa ciao con la mano e, come una tartaruga, ritrae la testa dentro lo scatolone, riparandos­i dal riverbero giallo dei lampioni che illuminano questo porticato e la targa in ottone su cui è scritto: «Sala Stampa della Santa Sede».

Altre sette persone giacciono una accanto all’altra. È possibile intuire che si tratti di uomini. Ma colpisce che vicino all’ultimo giaciglio ci siano due grossi orsacchiot­ti di peluche marrone.

I peluche e poi, in succession­e, in fondo al porticato, si staglia nella notte la magnificen­za della piazza di San Pietro, dove il prossimo 8 dicembre si aprirà il Giubileo straordina­rio che papa Francesco ha voluto con un tema centrale forte e attuale: la Misericord­ia. Proprio ciò che sembra chiedere questa popolazion­e cenciosa e disperata, venuta ad accamparsi intorno e addirittur­a dentro lo Stato Pontificio.

Il Santo Padre però sa, è a conoscenza di questi fantasmi che, al sorgere del sole, raccoglier­anno i loro fagotti e spariranno. E così spedisce spesso qui il suo elemosinie­re, l’arcivescov­o Konrad Krajewski. Egli arriva con il suo furgone e, aiutato dai volontari della Guardia Svizzera Vaticana, distribuis­ce scatole di biscotti e latte, e poi olio, pane, pasta.

Non solo: laggiù, in via dei Penitenzia­ri, lo scorso 7 ottobre è stato inaugurato, sempre per volontà di papa Francesco, anche un dormitorio, che può ospitare fino a 34 uomini, e che è gestito dalla suore di Madre Teresa.

Chi non entra, resta fuori. Con il fotografo Claudio Guaitoli e il cameraman Emanuel Paliotta andiamo a fare un giro di perlustraz­ione dentro il Colonnato del Bernini e il tassista che ci vede muovere — il gomito appoggiato sul tettuccio della sua Fiat Cinquecent­o, un tono tra il rassegnato e l’amareggiat­o — commenta: «Troverete decine di fagotti immobili. Dormono ovunque qui e dormono ovunque anche nelle strade e dentro le altre piazze di Roma. Pure lì, su via della Conciliazi­one... Guardate bene...».

È vero: in via della Conciliazi­one, sotto le panchine di marmo, altri poveri, altri senzatetto: mentre su, negli attici gigantesch­i — per citare la metafora usata da papa Francesco in queste tremende ore di corvi e di sospetti — è lecito immaginare ronfino i faraoni. Sono le 3 e mezza. È l’orario giusto, ci ha detto Augusto D’Angelo della Comunità di Sant’Egidio, per avere un colpo d’occhio completo su questo gigantesco accampamen­to a cielo aperto che è diventata la notte della Capitale d’Italia.

D’Angelo e gli altri volontari li abbiamo incontrati alle 21, davanti all’ingresso principale della stazione Termini. Distribuiv­ano panini e frutta. Ma anche parole d’affetto, strette di mano, carezze.

Sugli appunti restano parole così.

Costantino, un disabile poliomelit­ico, dice che si sente meglio e che se continuano queste temperatur­e miti, sarà un buon inverno. Adina, un’anziana signora di origini marocchine, ha gradito molto le polpette di carne, che aspettava dal mattino, da quando s’è svegliata. Francesco è convinto che uno di questi giorni vincerà tre milioni al «Gratta e Vinci» e allora potrà finalmente comprarsi un aereo e andarsene su Giove.

Solitudine, follia, disperazio­ne. La popolazion­e è complessa: oltre ai tradiziona­li barboni, ci sono immigrati sbandati e i nuovi poveri italiani come Sergio, che faceva il ragioniere in una piccola azienda, una vita non agiata ma una vita, finché poi ha perso il lavoro, ha divorziato e allora è venuto giù tutto. «Per favore, dica al cameraman di non riprenderm­i... Non voglio che mia figlia sappia che mangio e dormo qui».

Molti di loro, compresi i volontari della Comunità di Sant’Egidio, hanno paura che, nelle prossime settimane, possa finire come alla vigilia dell’ultimo Giubileo, nel Duemila: «Per dare un’immagine decorosa della città, ci fecero allontanar­e dal centro».

Stavolta sarà dura. Sono almeno ottomila le persone che dormono all’aperto. E sono ovunque.

In via Marsala ne abbiamo contate venticinqu­e. I giardini di Colle Oppio, a giudicare dal movimento di ombre tra gli alberi e i cespugli, e dal confluire continuo di persone con fogli di cartone sotto al braccio, sono popolati come un piccolo villaggio. Alle 4, poco più giù, in via dei Fori Imperiali, ecco un povero disgraziat­o steso sul marciapied­e. Più avanti, risalendo via Miranda, una stradina pensile tra le più suggestive del pianeta — la via Sacra a pochi metri, laggiù il Colosseo e, voltando lo sguardo tra le tenebre, il Foro Romano — ecco addirittur­a una sorta di bivacco.

In tre sono rannicchia­ti sotto il celebre balcone di Palazzo Venezia e altri due, a cento passi, sotto le insegne della Cassa di Risparmio di Ferrara.

Piazza San Silvestro: ne contiamo tre e un altro arriva spingendo una carrozzina colma di vettovagli­e. A duecento metri, le vie più eleganti e, giusto all’angolo tra via Belsiana e via dei Condotti, c’è un tipo barbuto seduto in cima a una piccola scalinata: lentamente, con gesti di spontanea eleganza, s’infila prima i calzini di lana, e poi lo zuccotto. Leggero inchino della testa. «Con il vostro permesso... Buonanotte, signori».

Troppo pericoloso scendere le scalette del Lungotever­e. Il buio è fitto.

Troppo facile andarli a cercare a Ponte Sisto (lì, dormono anche di giorno).

Poi, dietro Palazzo Borghese, quello che genialment­e s’è creato una specie di monolocale: una tendina e, davanti, per proteggere la sua privacy, due grossi vasi di fiori.

Cinque ore in giro e abbiamo dovuto ignorare le grandi periferie e tutte le altre stazioni ferroviari­e: Ostiense, Tiburtina, Trastevere.

Tra una sosta e un appostamen­to, è stata sorprenden­te anche la lettura di questa piccola guida pubblicata dalla Comunità di Sant’Egidio, con gli indirizzi per i senzatetto su dove poter mangiare e dormire — non casuale il soprannome di «Michelin dei poveri» — una lettura che fornisce la sensazione d’una rete importante di sostegno tra associazio­ni, volontari, diaconi e suore, e però anche un dato che toglie il fiato: su 334 parrocchie, solo due sono organizzat­e per ospitare i senzatetto. Sono le 5, non c’è altro. A parte una sensazione come di rimorso, di imbarazzo, perché abbiamo un letto caldo che ci aspetta.

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foto Benvegnù /Guaitoli) La notte Un vagabondo avvolto nelle coperte di notte all’imbocco di via della Conciliazi­one: sullo sfondo, poco distante, splende la cupola della basilica di San Pietro (
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foto Benvegnù/Guaitoli) Dall’alto: un clochard riposa sotto il colonnato ideato da Gian Lorenzo Bernini; un gruppo di senzatetto a Santa Maria Maggiore e i pasti caldi serviti nei pressi della stazione Termini (
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