I controlli
Quattro livelli di sicurezza: come viaggiano i bagagli dopo il check-in (e dove il sistema è più vulnerabile)
È finita nell’ultimo «girone», il quarto, dei controlli di sicurezza. Quello della perquisizione vera e propria. E del resto non poteva essere altrimenti per questa valigia di media grandezza, ma con un peso «sospetto» (56 chili) e una destinazione ritenuta «inusuale»: volo British Airways da Atene a San Paolo, in Brasile, con scalo al Terminal 5 di Heathrow, a Londra. «Dobbiamo controllarne il contenuto, come facciamo con ogni bagaglio per noi indicato come “interessante”», dice Ioannis Voudiklaris, capo dell’Asoc, il centro operativo dei servizi aeroportuali dello scalo greco. «In media — calcola — l’un per cento dei borsoni di ogni tratta arriva al quarto livello». Per un aereo con 200 viaggiatori vuol dire che un paio vengono aperti, esaminati e quindi riportati al rullo generale per essere poi imbarcati. «Al netto dei passaggi ai raggi X e delle segnalazioni dell’Interpol sono tre gli elementi che ci insospettiscono: se il proprietario ha prenotato all’ultimo e la sola andata o se ha pagato in contanti».
Nella sala operativa del centro di gestione dei bagagli dell’aeroporto internazionale «Eleftherios Venizelos» di Atene — 15,7 milioni di passeggeri nei primi dieci mesi del 2015 — un monitor mostra le dodici telecamere di sorveglianza concentrate sui rulli. Altri due schermi indicano in tempo reale — con i colori azzurro, giallo e verde — la situazione dei voli pronti al decollo, appena atterrati o in arrivo nelle ore successive. Mentre al piano terra decine di dipendenti scannerizzano il codice a barre dei borsoni — per verificare se si trova nel percorso giusto —, poi li caricano nei carrelli e li portano verso la stiva dei jet.
Funziona così in ogni aeroporto: c’è la parte tecnologica. E c’è la parte «umana», con persone in carne e ossa assunte da società private che hanno vinto gli appalti. Persone che — prima di mettere piede in uno dei settori più sensibili — dovrebbero avere almeno la fedina penale pulita.
Le « falle » possibili non mancano. In diversi aeroporti, per esempio, non esistono varchi di accesso per il personale dotati di alta tecnologia: spesso basta un badge.
Non solo. Se negli Stati Uniti si è investito molto sull’utilizzo dei CT scanner (a tomografia computerizzata, quella degli ospedali per gli esami clinici), in Europa alcuni scali privilegiano una versione «maxi» delle macchine ai raggi X usate per i bagagli a mano. Il primo — il CT scanner — è lento, usato solo per alcune valigie, ma efficace. Il secondo è veloce, utilizzato per tutte ma meno dettagliato.
L’altro punto sensibile è il software degli scanner. Come hanno dimostrato l’anno scorso due ricercatori-informatici è facile hackerarli. Soprattutto in quelle strutture che le fanno funzionare con Windows 98, un sistema operativo che risale addirittura a diciassette anni fa.
Altro momento delicato è quello dei trolley arrivati presto: per far spazio agli altri che devono essere «lavorati» prima questi vengono tolti dal rullo principale e messi in attesa su degli scaffali. Se c’è un malintenzionato questo momento li espone a manomissioni.
Punti critici In molti aeroporti non ci sono accessi per il personale dotati di alta tecnologia: basta un badge