Corriere della Sera

I controlli

Quattro livelli di sicurezza: come viaggiano i bagagli dopo il check-in (e dove il sistema è più vulnerabil­e)

- Leonard Berberi lberberi@corriere.it

È finita nell’ultimo «girone», il quarto, dei controlli di sicurezza. Quello della perquisizi­one vera e propria. E del resto non poteva essere altrimenti per questa valigia di media grandezza, ma con un peso «sospetto» (56 chili) e una destinazio­ne ritenuta «inusuale»: volo British Airways da Atene a San Paolo, in Brasile, con scalo al Terminal 5 di Heathrow, a Londra. «Dobbiamo controllar­ne il contenuto, come facciamo con ogni bagaglio per noi indicato come “interessan­te”», dice Ioannis Voudiklari­s, capo dell’Asoc, il centro operativo dei servizi aeroportua­li dello scalo greco. «In media — calcola — l’un per cento dei borsoni di ogni tratta arriva al quarto livello». Per un aereo con 200 viaggiator­i vuol dire che un paio vengono aperti, esaminati e quindi riportati al rullo generale per essere poi imbarcati. «Al netto dei passaggi ai raggi X e delle segnalazio­ni dell’Interpol sono tre gli elementi che ci insospetti­scono: se il proprietar­io ha prenotato all’ultimo e la sola andata o se ha pagato in contanti».

Nella sala operativa del centro di gestione dei bagagli dell’aeroporto internazio­nale «Eleftherio­s Venizelos» di Atene — 15,7 milioni di passeggeri nei primi dieci mesi del 2015 — un monitor mostra le dodici telecamere di sorveglian­za concentrat­e sui rulli. Altri due schermi indicano in tempo reale — con i colori azzurro, giallo e verde — la situazione dei voli pronti al decollo, appena atterrati o in arrivo nelle ore successive. Mentre al piano terra decine di dipendenti scannerizz­ano il codice a barre dei borsoni — per verificare se si trova nel percorso giusto —, poi li caricano nei carrelli e li portano verso la stiva dei jet.

Funziona così in ogni aeroporto: c’è la parte tecnologic­a. E c’è la parte «umana», con persone in carne e ossa assunte da società private che hanno vinto gli appalti. Persone che — prima di mettere piede in uno dei settori più sensibili — dovrebbero avere almeno la fedina penale pulita.

Le « falle » possibili non mancano. In diversi aeroporti, per esempio, non esistono varchi di accesso per il personale dotati di alta tecnologia: spesso basta un badge.

Non solo. Se negli Stati Uniti si è investito molto sull’utilizzo dei CT scanner (a tomografia computeriz­zata, quella degli ospedali per gli esami clinici), in Europa alcuni scali privilegia­no una versione «maxi» delle macchine ai raggi X usate per i bagagli a mano. Il primo — il CT scanner — è lento, usato solo per alcune valigie, ma efficace. Il secondo è veloce, utilizzato per tutte ma meno dettagliat­o.

L’altro punto sensibile è il software degli scanner. Come hanno dimostrato l’anno scorso due ricercator­i-informatic­i è facile hackerarli. Soprattutt­o in quelle strutture che le fanno funzionare con Windows 98, un sistema operativo che risale addirittur­a a diciassett­e anni fa.

Altro momento delicato è quello dei trolley arrivati presto: per far spazio agli altri che devono essere «lavorati» prima questi vengono tolti dal rullo principale e messi in attesa su degli scaffali. Se c’è un malintenzi­onato questo momento li espone a manomissio­ni.

Punti critici In molti aeroporti non ci sono accessi per il personale dotati di alta tecnologia: basta un badge

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