Il delitto dell’agente immobiliare «Il killer assoldato da un collega»
I pm di Bari: ucciso perché stava per aprire una filiale
In corsia I rilievi sui bossoli degli spari di Perrone durante la fuga dall’ospedale Vito Fazzi di Lecce
due o tre volte contro di loro, senza colpirli, e ha lanciato l’auto verso l’uscita, evitando per un soffio la prima sbarra, quella del parcheggio, che si stava richiudendo. Infine, quando si è ritrovato davanti uno dei vigilantes del cancello principale, le cui due sbarre erano ben alzate, Perrone non ci ha pensato un secondo di più è ha accelerato: se il vigilante non si fosse scansato non avrebbe certo riportato soltanto una contusione a un ginocchio.
A questo punto, era fatta. Via per la tangenziale, per chissà dove e chissà con chi, visto che
forte è il sospetto che ad aspettare fuori Perrone possano esservi stati uno o più complici. I quali devono aver aiutato Perrone a nascondersi, non certo a vagare per le strade del Salento, subito diventate una ragnatela di inutili posti di blocco. È vero che Perrone non ha la «statura» di suo cugino Tonio, boss della Sacra Corona Unita negli anni Ottanta, e che ha preso l’ergastolo a causa di un omicidio per futili motivi (l’anno scorso, in un bar del suo paese, Terlizzi, ha ammazzato un montenegrino e ha cercato di uccidere anche il figlio sedicenne), ma è anche vero che ha subito un’altra condanna, a 18 anni, per associazione mafiosa, e quindi qualche «amico» che gli deve qualche «favore» forse ce l’ha ancora. Perché da soli non si va da nessuna parte.
Due giorni fa sono state fermate due persone accusate di essere mandante ed esecutore del delitto. Si tratta rispettivamente di Roberto Perilli, 47 anni, ex titolare di un’agenzia immobiliare e Luigi Di Gioia, 51 anni, con vecchi precedenti penali per contrabbando
Era terrorizzato dalla possibilità di perdere il lavoro. E il business del mercato immobiliare del quartiere. Una paura che ha alimentato un odio nei confronti di un suo collega più giovane e che l’avrebbe portato a premeditare e realizzare il suo omicidio. Avvalendosi della complicità di un pregiudicato.
A queste conclusioni sono giunti i poliziotti della squadra mobile di Bari, diretti da Luigi Rinella, che in poco più di dieci giorni hanno risolto l’omicidio di Giuseppe Sciannimanico, 28 anni, agente immobiliare in carriera. È stato assassinato a colpi di pistola il 26 ottobre scorso nel quartiere Japigia.
Due persone sono state fermate con l’accusa di concorso in omicidio volontario e premeditato: si tratta di Roberto Perilli, 47 anni, ex titolare di un’agenzia immobiliare (ora lavorava in proprio) e Luigi Di Gioia, 51 anni, con vecchi precedenti penali per contrabbando. Sono ritenuti rispettivamente il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio.
Le indagini — rivela il decreto di fermo firmato dal sostituto procuratore Francesco Bretone — partono da alcune telefonate misteriose fatte da Di Gioia all’agenzia Tecnocasa dove la vittima si appoggiava in attesa che fossero completati i I volti In alto, Giuseppe Sciannimanico, 28 anni, la vittima. Sotto, Roberto Perilli, 47 anni, presunto mandante dell’omicidio lavori della nuova filiale che lui stesso avrebbe diretto a pochi metri da quella di Perilli.
Di Gioia avrebbe utilizzato un nome falso per fissare un appuntamento con un agente per la valutazione di un immobile in via Tenente De Liguori, la strada dell’omicidio, sapendo che dall ’ a g e n z i a avrebbe mandato Sciannimanico. Il primo incontro va a vuoto. Poi c’è il secondo, quello mortale del 26 ottobre. La vittima valuta la possibilità di non presentarsi. Prima di andare manda un messaggio al cellulare di Di Gioia per chiedere conferma, ma non riceve riposta. Il 28enne decide di andare all’appuntamento pur sapendo che forse quel cliente, come era accaduto nella precedente occasione, non si sarebbe presentato. Invece i due a bordo di una Bmw nera cabrio sono lì ad aspettarlo.
A incastrarli le telecamere di sorveglianza e le celle telefoniche nella zona dove si è consumato il delitto.
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