Corriere della Sera

Crisi bancarie, addio salvataggi di Stato Pagheranno azionisti e depositant­i

Garantiti i conti fino a centomila euro. Rush finale per l’approvazio­ne delle regole sul bail in

- Stefania Tamburello

È arrivato vicino al traguardo l’iter di approvazio­ne delle nuove regole sulla risoluzion­e delle crisi bancarie. Manca solo il parere della Commission­e Affari europei e poi diventeran­no definitive. In ogni caso ieri il consiglio dei ministri ha dato un prima via libera ai due decreti delegati di attuazione della direttiva europea cercando di recuperare il ritardo accumulato nel suo recepiment­o. I provvedime­nti indicano la strada da seguire sin da subito per le banche in dissesto e introducon­o la possibilit­à di fare ricorso, a partire dal prossimo 1 gennaio, al bail in.

Ed è quella del bail in, che significa poi salvataggi­o interno, la novità della normativa recepita dall’Italia perché innanzitut­to ribalta il vecchio schema che faceva ricadere in primo luogo sullo Stato e quindi sulla collettivi­tà i costi dei crac bancari. A dover pagare d’ora in poi, ma al termine di un’articolata procedura, saranno invece, prima di tutti, gli azionisti e i soci della banca e quindi i suoi creditori. Fra questi ci sono anche coloro che hanno acquistato le obbligazio­ni emesse dall’istituto di credito in crisi ma non i depositant­i con conti fino a 100 mila euro, tutelati dal Fondo interbanca­rio di garanzia. Per i depositi superiori a tale cifra il rischio di essere messi, seppure in coda, nella lista di chi dovrà sacrificar­e il suo investimen­to per risanare la banca, c’è ma è minimo per le famiglie e le piccole e medie imprese che possono essere esplicitam­ente graziate dall’autorità di risoluzion­e che per l’Italia è la Banca d’Italia. Diversamen­te l’estensione del privilegio per le società e le imprese è stato rinviato al gennaio 2019 per non penalizzar­e altri creditori.

Il nuovo quadro normativo dovrebbe facilitare i programmi di risanament­o delle banche attualment­e in difficoltà, a partire da Banca Marche. C’è comunque da dire che la nuova normativa rende più difficile la possibilit­à di dissesto e fallimento grazie alla previsione di strumenti di controllo preventivo. Il bail in, in sostanza, si attiva qualora l’azzerament­o del capitale non sia sufficient­e a coprire le perdite e non si voglia perseguire la strada della liquidazio­ne. Per affrontare le difficoltà Bankitalia può innanzitut­to vendere una parte dell’attività a un acquirente privato o trasferire temporanea­mente le attività e passività a un altro soggetto («bridge bank») per proseguire le funzioni più importanti o cedere le attività deteriorat­e ad una bad bank per liquidarle. Quindi può, applicare, appunto il bail in, cioè svalutare azioni e crediti convertend­oli in azioni per assorbire le perdite e ricapitali­zzare la banca in difficoltà. L’intervento pubblico e previsto soltanto alla fine, in circostanz­e straordina­rie e solo se il bail in è stato applicato almeno per l’8% del totale del passivo.

La direttiva europea esclude esplicitam­ente alcune categorie di crediti. La prima è quella dei depositant­i che hanno nel conto fino a 100 mila euro — circa 507 miliardi di euro contro un totale di 1245 miliardi di depositi — e, entro questa cifra, anche chi ha certificat­i e libretti di deposito, assegni circolari. Sono escluse infine anche le disponibil­ità detenute dalla banca per conto del cliente, come per esempio il contenuto della cassetta di sicurezza, o i titoli depositati in un conto apposito, o i crediti da lavoro o dei fornitori.

Controlli preventivi La norma introduce strumenti di controllo preventivo per prevenire i crac bancari

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