Corriere della Sera

Napoleone bibliofilo e (forse) editor

- Di Cristina Taglietti

La Piccola biblioteca degli oggetti letterari dell’editore Henry Beyle si è arricchita di un nuovo piccolo gioiello: Napoleone e i libri di Ernesto Ferrero. Lo scrittore torinese che a Napoleone ha dedicato N., il romanzo vincitore del premio Strega nel 2000, qui si diverte a raccontare un condottier­o letterato, seguendo la suggestiva ipotesi, avanzata da Alberto Savinio e sviluppata da Leonardo Sciascia, per cui il giovane artigliere uscito dalla scuola militare di Brienne sarebbe diventato Napoleone il giorno in cui decise di rinunciare alle velleità letterarie, «consapevol­e che su quel fronte non sarebbe stato in grado di raggiunger­e la primazia cui aspirava». Bonaparte è un lettore forte, un libraio mancato, un bibliofilo appassiona­to, un costruttor­e di bibliotech­e, addirittur­a, scrive Ferrero «un uomo di editoria che sarebbe stato anche un ottimo redattore». Ed è l’autore del «primo bestseller moderno», Le Mémorial de Sainte-Hélène.

Se il Napoleone ventenne si cimenta con drammi storici o dialoghett­i filosofici sull’essenza dell’amore per sostenere che è nocivo alla società e «intralcia ad ogni passo il cammino della virtù», nel più lungo degli scritti giovanili, Clisson et Eugénie, prefigura il destino che lo attende, raccontand­o di un protagonis­ta che «è nato per la guerra», ma è destinato a soffrire (e morire) per il tradimento dell’amata moglie.

Prima di andare in esilio all’Elba Napoleone sceglie i 186 volumi che lo accompagne­ranno: Plutarco, Seneca, Tacito, Montaigne, le opere complete di Voltaire, e poi libri di scienza e tecniche applicate, trattati di astronomia e matematica, botanica. Un nucleo centrale provenient­e da Fontainebl­eau che sarà integrato dalla biblioteca del Genio Militare di Portoferra­io e con i volumi acquistati, con poca soddisfazi­one, presso il libraio Bartolucci di Livorno. Il Napoleone di Ferrero è anche, in un certo senso, un critico che ha una visione prescritti­va della letteratur­a: non il mondo com’è ma come dovrebbe essere.

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