Giovane, bella, colta Nasce la nuova Cina targata «no logo»
Ferragamo rinnova il negozio a Shanghai. «È cambiato tutto, ora conta la storia di un marchio» Il sandalo Rainbow e altri pezzi storici in mostra come oggetti d’arte. «Crisi? Vendiamo il 17% in più»
Sul cambiamento delle abitudini dei clienti in Cina più che la crisi sembra siano determinanti il divieto di ostentare esplicitamente imposto dal governo e una forte consapevolezza comunque del potere di acquisto. Le ricerche dicono che dallo «show» (cioè mostra, esibisci) dei primi anni del boom i cinesi siano prima passati allo «show, you know»(mostra, tu sai/hai/puoi) e ora al «you know» (tu sai). Vade retro insomma logo ed esibizionismi e facili apparenze, avanti con qualità e scelte consapevoli. Una su tutte, il Made in Italy, quasi un’ossessione per loro. Sono 102 milioni i potenziali acquirenti cinesi del medio lusso contro i 90 milioni stimati in America. Non ci stupisca dunque se continuano ad aprire/rinnovare boutique anche se in sottofondo la crisi suona la grancassa e la borsa è una montagna russa.
Questa settimana nel cuore di Shanghai, sulla Nanjing Road, Salvatore Ferragamo ha riaperto il suo flash shop store rinnovato con più vetrine e trecentocinquanta metri quadrati che si snodano lungo tutto un angolo della strada. Taglio del nastro fra celeb (Tang Wei e Jing Bo Ran), dinner e mostra « She’s like a Rainbow » in omaggio a cinque calzature iconiche dedicate ad altrettante
Ferruccio Ferragamo Vent’anni fa c’erano solo divise e biciclette. Chiesi al nostro partner: mi fai vedere una cliente?
dive: Brigitte Bardot, Judy Garland, Sophia Loren, Marylin Monroe e Audrey Hepburn. In bacheca gli storici modelli (dalla zeppe Rainbow disegnate da Salvatore Ferragamo al sandalo di B.B. alla décolleté di Sofia) e accanto una special edition interpretata da Edgardo Osorio, giovane stilista colombiano trapiantato a Firenze, e poi la visione nei quadri dell’artista Han Yajuan che andranno all’asta per beneficenza.
«Era fisiologico che il boom avesse una frenata — risponde pacato Michele Norsa amministratore delegato della griffe fiorentina a chi gli chiede se non sia preoccupato per l’instabilità dello yen —. I fatturati non potevano continuare a crescere a due cifre. Siamo nella fase di assestamento di un mercato che, conti alla mano, continua a essere di grande interesse per prodotti di lusso italiano per via dei 102 milioni ma anche dell’attenzione alla qualità. La sensazione quando si sta qui è più che positiva. È all’estero che ci si preoccupa troppo e inspiegabilmente di questo Paese».
Un consumatore che è cambiato molto, sostiene il manager, da quando, vent’anni fa, la griffe arrivò a Pechino e Shanghai: «Allora praticamente erano solo uomini ad acquistare e ora, pur restando il 55 per cento della clientela contro il 45 del resto del mondo, quasi sempre arrivano in coppia e l’acquisto diventa un’abitudine di famiglia. Sono spesso molto giovani i consumatori, sui trent’anni. E se prima erano cinture per lui e scarpe per lei, ora anche l’abbigliamento ha importanza. La scelta cade quasi sempre sugli abiti da giorno, anche per le donne perché quasi tutte lavorano e ci tengono».
Stupisce la considerazione sul no logo? «Ora conoscono, sanno e di un marchio al brand preferiscono la storia». Che in Ferragamo non manca certo, tra i primi ad arrivare qui e ora presente in quaranta città con ben 90 negozi che saranno 92 entro la fine dell’anno è un incremento delle vendite nei primi sei mesi del 2015 del 17 per cento. «Quando arrivammo — ricorda Ferruccio Ferragamo — vent’anni fa tutti indossavano una specie di divisa e le strade, spesso sterrate, erano piene di biciclette. Dissi al nostro partner, Peter Woo. “Ehi Peter mi fai vedere una cliente?”. E lui mi rispose: “Aspetta e vedrai”. Aveva ragione lui, eccome se aveva ragione».
Taglio del nastro, mostra, cena e presentazione del quarto video animato da Megan Hess dei cinque per festeggiare i cent’anni dell’arrivo di Salvatore Ferragamo a New York: un’iniziativa partita da Los Angeles e che si concluderà a Manhattan in dicembre.