Il Papa in Africa e le apprensioni: temo le zanzare più delle persone
Prima volta di Francesco nel Continente: «Se temo per la mia sicurezza? No, per le zanzare. A Bangui vado anche in paracadute»
Ilpericolo di un’altra strage dell’Isis esiste, e riguarda anche il Vaticano. L’«attentato delle zanzare» evocato ieri da papa Francesco è una battuta tesa a sdrammatizzare i timori di un attacco terroristico durante la sua visita in Africa ( nella foto l’arrivo a Nairobi). Ma per i servizi di sicurezza italiani la prospettiva di un attentato nel nostro Paese, purtroppo, è «un problema di quando, dove e come, non di “se” ci sarà».
NAIROBI (KENYA) La frase spicca nel testo scritto per il discorso alla «State House» e il Papa la sillaba in inglese, rivolto al presidente Uhuru Kenyatta: «L’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione». La prima volta di Francesco in Africa è un viaggio alla radice dei problemi, oltre la paura.
Ieri l’arrivo in Kenya, colpito dalle ripetute stragi jihadiste dei somali di Al-Shebab, i responsabili dell’eccidio di 148 studenti cristiani nell’università di Garissa, il 2 aprile; domani la partenza da Nairobi verso l’Uganda; e domenica l’ultima tappa nella Repubblica Centrafricana, devastata da quasi tre anni di guerra civile tra milizie musulmane e cristiane.
Gliel’hanno sconsigliato, si naviga a vista, c’è il precedente di Wojtyla che nel ’94 fu costretto a rinunciare a Sarajevo. Ma Francesco è pronto ad aprire domenica la porta santa della cattedrale di Bangui, un anticipo del Giubileo della misericordia, e vuole andare lunedì nella moschea di un quartiere dove i cristiani non possono mettere piede.
Del resto bastava vederlo, ieri, nel volo AZ4000 verso Nairobi. Sereno e deciso, «al ritorno vi spiegherò perché ho scelto proprio il Centrafrica». Al comandante che gli prometteva avrebbe fatto di tutto, pur di atterrare a Bangui, ha sorriso: «Io ci voglio andare: se non ci riuscite, datemi un paracadute!». Mentre salutava uno ad uno i giornalisti, gli hanno chiesto se non temeva per la sua sicurezza, e Bergoglio: «Piuttosto ho paura delle zanzare, ma mi hanno già dato uno spray: mi raccomando, usatelo anche voi!».
Migliaia di persone ai bordi delle strade, cartelli di benvenuto in swahili, « Karibu papa Francis!», e diecimila agenti schierati dal governo. Dall’aeroporto il Papa viaggia in auto chiusa per non tardare ma all’uscita dalla «State House» sale su quella scoperta anche se ha iniziato a diluviare. «Senza paura», ripete alle autorità politiche. Alla vigilia della conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, Francesco parla della «grave crisi ambientale» e riprende il filo dell’enciclica Laudato si’: «In un mondo che continua a sfruttare piuttosto che proteggere la casa comune» i governanti devono «promuovere modelli responsabili di sviluppo economico».
Tutto si tiene, l’ecologia è sempre anche «umana»: «Vi è un chiaro legame tra la protezione della natura e l’edificazione di un ordine sociale giusto ed equo. Non vi può essere un rinnovamento del nostro rapporto con la natura senza un rinnovamento dell’umanità stessa». Così, «fintanto che le nostre società sperimenteranno le divisioni, siano esse etniche, religiose o economiche, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a operare per la riconciliazione e la pace, il perdono e la guarigione dei cuori». Bisogna edificare una «società multietnica che sia realmente armoniosa, giusta e inclusiva», democrazie che sappiano «proteggere e investire sui giovani», preoccuparsi dei poveri, compiere «una giusta distribuzione delle risorse». Guerre e terrorismo si nutrono di paura e disperazione: «In ultima analisi, la lotta contro questi nemici della pace e della prosperità dev’essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della nazione e ne danno testimonianza coerente».
In un mondo che continua a sfruttare invece di proteggere la casa comune, i governanti devono promuovere modelli responsabili di sviluppo Dobbiamo costruire una società multietnica che sia realmente armoniosa, giusta e inclusiva, che sappia anche proteggere e investire sui giovani L’esperienza dimostra che il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla frustrazione