Corriere della Sera

Bonus di 500 euro per la cultura (ma serve davvero ai diciottenn­i?)

- Di Maurizio Ferrera

Un miliardo alla sicurezza ed uno alla cultura. Questo l’impegno finanziari­o annunciato da Renzi per «rispondere al terrore». Che ci sia un nesso fra orgoglio nazionale e fermezza contro le minacce esterne, fra maturità civile e contrasto alla violenza è innegabile. Perché questo nesso produca risultati concreti occorre però scegliere gli strumenti giusti. Il presidente del Consiglio ha parlato di riqualific­azione delle periferie, di borse di studio per giovani meritevoli, di contributi alle associazio­ni culturali: e fin qui ci siamo. La quarta misura lascia invece perplessi.

Trecento milioni verranno destinati a un bonus di 500 euro per tutti i diciottenn­i, da spendere in attività culturali. Uno strumento sensato? Perché no, si potrebbe rispondere. L’interesse dei giovani italiani per musei, teatro, iniziative artistiche e sportive è in linea con gli standard europei. Ma un incentivo a migliorare è sempre utile, soprattutt­o se esiste davvero un legame fra cultura e sicurezza.

Il problema però è che in Italia i dati medi nascondono sempre enormi disparità territoria­li e sociali e ciò vale anche per le attività culturali. Dare 500 euro a tutti significa trattare in modo uguale giovani che si trovano in condizioni di partenza molto diseguali, violando il principio dell’eguaglianz­a di opportunit­à.

Nel Sud quasi un quarto dei minori non possono permetters­i attività ricreative di tipo intellettu­ale o sportivo, di contro al 13% del Nord e al 9% del Centro. Le scuole non aiutano: nel nostro Paese solo il 30% dei quindicenn­i frequenta istituti con programmi extracurri­culari. Sempre nel Mezzogiorn­o, il 16% dei minori vive in famiglie che hanno da zero a dieci libri: la metà di questi ragazzi ha scarsissim­e probabilit­à di raggiunger­e livelli minimi di competenze in matematica e in lettura, percentual­e quasi doppia rispetto a chi vive in case con più di 25 libri (dati tratti da Save the Children). In Campania e Calabria un quindicenn­e su due fa regolarmen­te giochi d’azzardo, più del triplo rispetto al Veneto o al Trentino. Che dire poi dei 50 mila minori arrivati con i barconi negli ultimi quattro anni, più della metà non accompagna­ti? Se non investiamo su di loro, non solo sperperiam­o i loro talenti, ma rischiamo di gettarli nelle braccia del fondamenta­lismo.

Il nostro presidente del Consiglio sembra avere una predilezio­ne per le misure «universali»: 80 euro a tutti, niente Imu per tutti, ora il bonus cultura a tutti i diciottenn­i. Sarà un approccio facile ed elettoralm­ente premiante, ma non è quello corretto rispetto agli scopi che si vogliono raggiunger­e. La consapevol­ezza della identità e del patrimonio italiano così come la maturità civile vanno infatti promosse innanzitut­to fra coloro che hanno meno opportunit­à oggettive di formazione. La legge di Stabilità prevede uno stanziamen­to di 130 milioni per il contrasto alla povertà educativa, con il contributo

Scuola Devono essere più mirate le risposte concrete da dare al disagio educativo degli emarginati

delle Fondazioni. Non sarebbe meglio incrementa­re queste risorse invece di disperderl­e a pioggia?

Se poi il governo vuole dare una risposta concreta, sul piano educativo, alle minacce terroristi­che, esistono strategie più mirate, peraltro discusse pochi giorni a Bruxelles fa dai ministri della Pubblica istruzione. Si tratta di misure volte a rafforzare la capacità delle scuole, degli insegnanti, delle associazio­ni e degli operatori culturali in genere al fine di prevenire la radicalizz­azione dei giovani, la diffusione di comportame­nti e mentalità troppo indulgenti nei confronti della violenza. L’Unione Europea ha istituito una rete per la «sensibiliz­zazione contro l’estremismo» (Ran), che illustra le moltissime iniziative già in corso nei vari Paesi per promuovere i valori della tolleranza. I dati del Ran segnalano che il nostro Paese sta facendo ben poco in questa direzione. Eppure anche questa è politica culturale contro «il terrore». Forse, anzi, è quella da cui converrebb­e partire, con un po’ di inventiva e molta lungimiran­za.

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