Corriere della Sera

Il ladro ucciso era un ergastolan­o

La Procura: legittima difesa. Caccia a 2 complici e al basista

- Di Andrea Galli e Cesare Giuzzi

Ilrapinato­re ucciso martedì sera in una villetta a Rodano, nel Milanese, era un ergastolan­o albanese di 37 anni che era riuscito a evadere dal carcere per ben due volte.

L’assassino ergastolan­o si prendeva gioco di cacciatori e prede. Con un ghigno di sfida sorrideva nelle foto segnaletic­he; e forse con uguale sprezzo, convinto d’essere il più forte e il più furbo, aveva scelto per l’ennesimo colpo un luogo che conosceva. Che aveva frequentat­o. Tra queste ville con piscine e palme, in questo paese con strade strette e a fondo chiuso, in questa insicura e ristretta geografia residenzia­le a venti minuti da Milano, Valentin Frrokaj avrebbe trascorso una parte della lunga latitanza.

Dopo la seconda, cinematogr­afica evasione (dal carcere Pagliarell­i di Palermo, il 7 maggio 2014, calandosi con un lenzuolo), il 37enne albanese si sarebbe nascosto anche a Rodano, dove martedì, poco prima delle 21, in via Matteotti, nella frazione di Lucino, è stato colpito da un unico proiettile, letale, vicino al cuore, esploso dalla Glock di Rodolfo Corazzo. Il 59enne commercian­te di gioielli è stato tenuto in ostaggio per un’ora e venti minuti nell’ampia villa a due piani, insieme alla moglie e alla figlia di 11 anni. Fonti investigat­ive rivelano che in questi mesi di caccia all’evaso, gli investigat­ori si sarebbero concentrat­i su diverse località della provincia di Milano, come Rodano (vicino a Segrate) o Binasco, al confine con la provincia di Pavia.

Lo inseguivan­o in tanti. Prima di Palermo, nel 2013, era evaso anche dalla prigione di Parma. Ma, sempre protetto da un cordone di complici abili e veloci nel cambiargli covo a ogni minimo segnale di «pericolo», Frrokaj, un metro e ottanta d’altezza, uno dei più pericolosi banditi albanesi in circolazio­ne, era riuscito a salvarsi. Era sospettato di essere il capo di una «batteria» che negli ultimi mesi ha messo a segno violente rapine in zona. Gruppi «eterogenei» ma forse in collegamen­to. In un contesto criminale che vede la malavita albanese conquistar­e rapidament­e «pezzi» di territorio lombardo: dallo spaccio di droga allo sfruttamen­to della prostituzi­one, con vendette e spartizion­i. Tanto che si cerca di verificare se esista un legame tra la banda di Frrokaj e quella della rapina, ugualmente tragica, del 20 ottobre a Vaprio d’Adda quando il pensionato Francesco Sicignano uccise il 22enne Gjergi Gjoni durante un tentativo di furto nella sua casa.

I due complici di Gjoni sono ancora in fuga. Si dice che siano tornati in Albania con la La fuga Il 7 maggio 2014 Valentin Frrokaj fugge dal carcere Pagliarell­i di Palermo: ecco la sequenza

in cui si cala dal muro di cinta, attraversa il cortile e sparisce dietro una porta protezione di un uomo influente nella comunità albanese di Milano, un imprendito­re forse vicinissim­o anche a Frrokaj. Martedì hanno agito in tre. L’ergastolan­o è morto nel conflitto a fuoco sulle scale che portano al garage della villa: «Ho preso la pistola quando ho capito che volevano altro. Ma io avevo già consegnato tutto» ha raccontato Rodolfo Corazzo al pm Grazia Colacicco. Il commercian­te, assistito dal legale Pietro Porciani, per il momento non è indagato. Il procurator­e aggiunto Alberto Nobili ha chiarito che la ricostruzi­one dei carabinier­i e le testimonia­nze raccolte fanno pensare alla «legittima difesa». Corazzo, dopo aver sparato un colpo contro il muro per intimorire i rapinatori, è stato sfiorato dai proiettili esplosi da Frrokaj con una 357 Magnum rubata dalla sua collezione. Poi altri due spari, e l’albanese ferito al cuore. In Procura non viene esclusa un’iscrizione nel registro degli indagati per il commercian­te. Ma a scopo cautelativ­o. Per dare la possibilit­à al suo legale di nominare consulenti in vista dell’autopsia.

Ieri i carabinier­i di Monza e del comando provincial­e di Milano sono tornati nella villa di via Matteotti, sotto sequestro. Le indagini proseguono: si cercano i complici, fuggiti forse attraverso i campi, e non si esclude il ruolo di un «basista» o quantomeno di una persona bene oppure mal informata su eventuali oggetti preziosi, custoditi in qualche angolo nascosto della villa di Corazzo.

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