Corriere della Sera

La Russia schiera i supermissi­li in Siria Ma le diplomazie smorzano le tensioni

Mosca stigmatizz­a ancora l’«atto criminale». Ankara parla di un «incidente di comunicazi­one»

- Fabrizio Dragosei @Drag6 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

MOSCA Tra i due contendent­i continuano le minacce verbali e nella capitale russa sono volati anche sassi e pomodori contro l’ambasciata di Ankara. Ma la tensione scende e, fortunatam­ente, l’abbattimen­to del bombardier­e Su- 24 non ha portato a un confronto diretto tra Nato e Russia, come si poteva temere. La diplomazia è ora al lavoro per far sì che episodi simili non si ripetano: potrebbero diventare pericolosi­ssimi visto che il Cremlino ha deciso di rendere assai più efficace la difesa delle sue basi e dei suoi aerei in Siria. Oltre all’incrociato­re Moskva che si è avvicinato alla costa, stanno arrivando batterie di missili S-400 che viaggiano a una velocità di 17 mila chilometri l’ora e sono in grado di colpire bersagli a 400 km di distanza.

Il primo ministro Medvedev ha continuato ieri ad accusare la Turchia di «un atto criminale», mentre il responsabi­le degli Esteri Lavrov ha affermato che i terroristi usano il territorio turco e ha apprezzato molto il fatto che Hollande abbia parlato della necessità di sigillare la frontiera tra Turchia e Siria. I turchi ancora sostengono che il Sukhoi aveva sconfinato, anche se hanno ammesso all’Onu che questo è avvenuto per soli 17 secondi. E ciò ha dato modo a Lavrov di ricordare come un jet di Ankara venne abbattuto in Siria per uno sconfiname­nto simile causando vivaci proteste. Inoltre, ha aggiunto il ministro russo, «è noto che i caccia turchi entrano 1.500 volte l’anno» in Grecia senza venire colpiti. Come del resto è avvenuto più volte nel Baltico (ma questo Lavrov non l’ha detto) dove gli aerei con la stella rossa manovrano per «verificare» la velocità di reazione della Nato.

Nel caso della Turchia è evidente la volontà del presidente Erdogan di riaffermar­e la sovranità del suo paese e il ruolo di super-potenza regionale. Non è accettabil­e che altri agiscano a poche centinaia di metri dai suoi confini. Comunque ieri il governo turco ha fatto di tutto per smorzare la tensione. Dopo una telefonata a Lavrov, il primo ministro Davutoglu ha detto che la Russia «è un amico e un vicino della Turchia» e che i rapporti non debbono essere compromess­i da quello che ha definito un «incidente di comunicazi­one».

Da parte russa, visto che è stata scartata una ritorsione militare, rimane ben poco oltre al blocco delle importazio­ni di pomodori e altri prodotti agricoli. Gazprom fornisce il 70% del metano consumato in Turchia ma non può tagliarlo senza rischiare gravi ripercussi­oni in tutt’Europa, come insegna la lezione dell’Ucraina. Proprio ieri infatti il colosso russo ha annunciato la sospension­e delle forniture a Kiev, ma il governo di Yatsenyuk si è subito affrettato a rispondere che sono stati loro a decidere di non comprare più gas dalla Russia, per il momento. Dopo gli scontri degli anni passati, ora Ucraina e Ue si sono attrezzate riempiendo i depositi sotterrane­i e rendendo possibile far viaggiare il gas al contrario nelle tubature. Così Kiev compra metano (sempre russo) dalla Slovacchia che lo paga di meno. Insomma il gas è diventato un’arma spuntata.

Tra Kiev e Mosca continuano comunque le ostilità sul piano economico, dopo il blocco dei voli delle rispettive compagnie aeree. L’Ucraina ha deciso di non rifornire più la Crimea. E ieri il governo di Yatsenyuk ha annunciato la chiusura dello spazio aereo ai velivoli russi.

Reazione soft Mosca esclude per ora una ritorsione militare e il blocco delle esportazio­ni di metano

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