Berlusconi condivide la linea «prudente» L’amarezza per il duello Putin-Turchia
Le critiche al ruolo internazionale del premier: ma la sua strategia in fondo è la mia
«La situazione internazionale è destinata purtroppo a peggiorare», dice Berlusconi. E sebbene confidi di essere smentito dagli eventi, sebbene speri che vengano «azzerate le differenze e le diffidenze per unire le forze» contro il terrorismo islamico, l’ex premier teme il precipitare della crisi. Perciò sceglie la linea del riserbo. Specie ora che deve assistere — sconcertato — allo scontro tra «i miei due amici», Putin ed Erdogan. Con loro venne ritratto per l’ultima volta insieme nell’agosto del 2009, in occasione della firma per l’accordo sul gasdotto South Stream. E se è vero che il rapporto nacque ai tavoli della politica e degli accordi commerciali, è altrettanto vero che il leader di Forza Italia ha saputo consolidarlo anche sotto il profilo personale: le frequenti vacanze con il presidente russo e la partecipazione come testimone alle nozze del figlio del presidente turco, lo stanno a testimoniare.
Ma ora che «i miei due amici» sono sull’orlo del conflitto, Berlusconi vuole evitare di assumere una posizione pubblica, anche se da tempo spiega di «non capire più» l’atteggiamento di Erdogan, i suoi «passi indietro» in patria e nel consesso internazionale, la svolta che «da una linea laicista l’ha portato verso il radicalismo». Non è dato sapere se abbia affrontato l’argomento la scorsa estate, quando l’ha sentito al telefono, è certo che ritenga «vada chiarito il ruolo della Turchia» nello scontro tra «la civiltà e il jihadismo».
È un concetto che evoca l’atto d’accusa lanciato da Putin all’ultimo G20, dove il presidente russo si rivolse ad alcuni Paesi che sedevano al vertice e che sono sospettati di fiancheggiare il terrore. È uno dei punti cruciali che divide le poraccontano tenze impegnate in questa guerra asimmetrica arrivata ormai in Europa, e nella sua analisi Berlusconi rileva le contraddizioni della comunità internazionale tra «le sanzioni imposte alla Russia» per l’invasione in Ucraina e « l’atteggiamento transigente» verso «alcune nazioni del golfo Persico».
In questo ginepraio diplomatico di interessi confliggenti è «indispensabile» riconoscere la priorità, e cioè che «per battere l’Isis c’è assoluto bisogno di comporre lo strappo con Putin». Ma lo scenario è talmente devastato che il leader di Forza Italia preferisce «lasciar parlare altri, anche se dicono quello che dicevo io, senza riconoscermelo». A riconoscerglielo c’è però l’opinione pubblica, almeno questo gli i suoi amatissimi sondaggi, dato che in politica estera Berlusconi ottiene un 7, in una scala di valori che arriva a 10.
Solo davanti a quei report l’ex premier si lascia andare ad alcune osservazioni: la critica (postuma) alla dottrina di George W. Bush «che in tutti i modi avevo implorato per non muovere guerra all’Iraq» di Saddam Hussein; il «fallimento delle primavere arabe» alimentate da Obama e alle quali non aveva mai creduto; e per ultimo «l’errore commesso dalla Francia quando ha deciso di attaccare da sola in Siria». Le esperienze del passato — a suo giudizio — «devono servire oggi per non rifare quello che venne fatto in Libia».
Perciò condivide la linea prudente assunta da Renzi, «che in fondo è la mia» ed è diversa da quella di Salvini, anche se ritiene che il premier non sia politicamente attrezzato a gestire questa fase, che è una fase «di guerra». Per questo, perché siamo in presenza di un «conflitto su scala mondiale», il capo di Forza Italia è stupito del fatto che — «nonostante la mia lunga esperienza e i miei rapporti internazionali» — Palazzo Chigi non abbia pensato di interpellarlo, come fanno di solito i governi in altri Paesi con le forze di opposizione. Ma non c’è vis polemica, non è il momento, specie ora che «i miei due amici» sono l’un contro l’altro in armi. E malgrado sia chiaro verso chi propenda, Berlusconi dice solo che «lo scontro va assorbito».
L’ambiguità Per il leader di FI va chiarita la posizione di Ankara nello scontro tra civiltà e Jihad