Corriere della Sera

Uno Stato sunnita per battere l’Isis

L’idea di dar vita a un «Sunnistan» sulle ceneri di Siria e Iraq garantendo una nazione curda e una enclave alawita

- di Massimo Gaggi DAL NOSTRO INVIATO

Sconfigger­e l’Isis ma non per tornare alla divisione precedente dei confini tra Siria e Iraq: meglio costruire un nuovo Stato sunnita nell’area già occupata dallo Stato Islamico e in quelle che il «califfo» sta cercando di conquistar­e. Curiosamen­te a proporre la creazione di questo Sunnistan non è un leader movimentis­ta arabo, ma un arci conservato­re americano: John Bolton, l’ex ambasciato­re Usa all’Onu ed ex viceminist­ro degli Esteri di George W. Bush.

Strana figura di diplomatic­o pirotecnic­o che, anziché cercare mediazioni prende posizioni incendiari­e, Bolton è un radicale, anomalo anche per un mondo politico repubblica­no sempre più influenzat­o dall’estremismo ideologico. Ma questo personaggi­o controvers­o — all’inizio dello scorso decennio un «neocon» considerat­o uno degli architetti della guerra di Bush contro l’Iraq — è anche intellettu­ale raffinato, capace di analisi acute che poi mescola con proposte sconsidera­te. Come quella, formulata qualche mese fa, di un attacco preventivo contro gli impianti atomici iraniani: una necessità, secondo Bolton, che non crede agli impegni presi da Teheran.

La proposta della creazione di un Sunnistan è anch’essa appoggiata su una nuvola d’impraticab­ilità, visto il caos inestricab­ile che regna nella regione e la probabile fiera opposizion­e di alcune potenze — sicurament­e Russia e Iran, ma nemmeno la Turchia sarebbe felice — a un simile progetto. Eppure l’idea è suggestiva e fa discutere. Se non altro perché mette in luce una delle cause di debolezza dell’Occidente: la mancanza di una visione che vada oltre la distruzion­e dell’Isis. Cancellare lo Stato Islamico per fare cosa? Per tornare ai confini dell’accordo Sykes-Picot, il patto tra due potenze coloniali, Gran Bretagna e Francia, che nel 1916 portò alla definizion­e di frontiere irachene tracciate artificial­mente da alcuni burocrati? Da anni molti analisti sostengono che la realtà attuale del Medio Oriente richiedere­bbe ben altro, ma nessuno è stato in grado di mettere in piedi un’iniziativa politica di un qualche spessore. Delle obiezioni ai vecchi accordi coloniali non si è, poi, quasi più parlato da quando ad abolire quei confini ci ha pensato proun

prio il «califfato» con una dichiarazi­one politica che mandava il soffitta il patto del 1916.

Tocca adesso a un personaggi­o come Bolton, un po’ apprendist­a stregone un po’ dottor Stranamore, riaprire la questione con un ragionamen­to che, se non porta verso soluzioni praticabil­i, ha, comunque, una sua lucidità. Una volta distrutto lo Stato Islamico che facciamo? si chiede Bolton. Restituiam­o la Siria liberata a Damasco, cioè a un Assad difficile da eliminare, e le terre irachene al regime filo-iraniano di Bagdad? Per Bolton bisogna prendere atto che Siria e Iraq, così come erano state disegnata dopo la dissoluzio­ne dell’impero ottomanno, non esistono più: la nascita dello Stato islamico ha portato ormai di fatto alla nascita di uno Stato curdo indipenden­te al nord e a una mobilitazi­one dei sunniti contro il regime dell’alawita Assad a ovest e contro quello sciita di Bagdad a est.

L’ex ambasciato­re Usa all’Onu sembra considerar­e dati ormai consolidat­i non solo la realtà curda e l’alleanza Teheran-Bagdad, ma anche la permanenza al potere di Assad a Damasco. La soluzione per la quale l’Occidente e anche gli altri Paesi arabi, soprattutt­o quelli del Golfo, dovrebbero battersi è, quindi, quella del Sunnistan: geografica­mente una versione allargata dello Stato Islamico che occuperebb­e gran parte dell’attuale territorio della Siria e la parte occidental­e dell’Iraq. Il centro-sud di questo Paese, comprese Bagdad e Bassora, diventereb­be uno Stato sciita satellite del regime degli ayatollah, mentre la costa mediterran­ea della Siria si trasformer­ebbe in un piccolo Stato alawita governato da Assad o dai suoi successori. A nord il Kurdistan.

Difficile ma non impossibil­e, secondo Bolton. L’ex ambasciato­re, ora tornato all’«American Enterprise Institute», il principale think tank della destra americana, ammette che, oltre alla Russia e all’Iran, anche la Turchia potrebbe avere da ridire. Ma secondo lui alla fine Ankara accettereb­be la nuova realtà statuale per avere un po’ più di stabilità ai suoi confini meridional­i.

Ma chi la governereb­be? Il vecchio «esportator­e di democrazia» ammette che il Sunnistan non sarebbe esattament­e una Svizzera, «né una democrazia jeffersoni­ana. Ma in questa regione non ci sono alternativ­e a regimi militari e governi autoritari». Verrebbe da dire che Bolton si è pentito di aver promosso, 12 anni fa, il rovesciame­nto del regime di Saddam, se non fosse che anche di recente l’ex ambasciato­re ha detto che sarebbe pronto a ripetere l’invasione dell’Iraq.

Ma poi, nell’articolo-proposta pubblicato dal New York Times, Bolton sostiene che a governare il nuovo Stato dovrebbero essere capi tribù e leader sunniti presentabi­li, e anche ex capi del partito Baath. Cioè gli uomini di Saddam Hussein. Comunque preferibil­i gli islamisti radicali, ammette oggi Bolton.

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Il video Il presunto autore dell’attentato in Tunisia rivendica l’azione per l’Isis
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