Corriere della Sera

IL NICHILISMO DEI CONVERTITI ALLA JIHAD

- di Stefano Montefiori DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE (Reuters)

Olivier Roy, grande orientalis­ta francese docente all’Istituto universita­rio europeo di Fiesole, offre un’analisi originale del fenomeno jihadista in Europa. Prodotto, secondo lui, di due fattori: il nichilismo di alcuni giovani, e il conflitto generazion­ale tra genitori e figli.

Alcuni immigrati di seconda generazion­e, nati in Francia, si distaccano dall’Islam pacifico dei padri arrivati dal Marocco o dall’Algeria; vivono alcuni anni all’occidental­e, si secolarizz­ano e poi tornano all’Islam — nella sua versione jihadista — perché «è l’unica causa radicale sul mercato».

Lo stesso accade ai non pochi europei che si convertono: innanzitut­to sono in rivolta contro la società, nichilisti e radicalmen­te antagonist­i. Poi esprimono questa ribellione abbraccian­do le idee jihadiste, quelle che garantisco­no oggi il maggiore grado di rifiuto del sistema.

Professor Roy, intanto che cosa pensa della risposta militare della Francia in Siria?

«Sradicare l’Isis porterà un colpo al terrorismo, senza dubbio. Attaccare lo Stato Islamico in Siria e Iraq va bene, può essere utile. Ma ho due dubbi. Intanto manca una strategia per il dopo. Che cosa faremo poi a Mosul, a Falluja? Ce ne andiamo? Torneranno. Restiamo? Buona fortuna».

E poi?

«Poi resterà il problema della radicalizz­azione dei giovani. I giovani non si rivoltano contro la società francese a causa dell’Isis. Sono vent’anni che i giovani francesi e più in generale europei si rivolgono al terrorismo islamista, e l’Isis esiste da soli due anni. Prima i giovani si radicalizz­avano per il Gia algerino, poi per Al Qaeda, poi per la guerra in Bosnia. Dopo l’Isis ci sarà qualcun altro».

Dipende anche dai continui problemi del Medio Oriente, dall’instabilit­à, dalle questioni irrisolte come quella israelo-palestines­e?

«No, niente a che vedere. C’è tutta una teoria in Europa secondo la quale i giovani passano al terrorismo a causa delle ferite mai rimarginat­e, della questione palestines­e... Non è vero. Questa gente non parla quasi mai della Palestina, non attacca ambasciate o consolati israeliani, se si rivolge contro una sinagoga lo fa per antisemiti­smo, non contro Israele per antisionis­mo. La mobilitazi­one pro palestines­e e anti israeliana, per esempio il movimento BDS, o la Flottiglia per Gaza, non ha niente a che vedere con gli ambienti jihadisti, sono due bacini completame­nte differenti».

Qual è il movente ?

«Alla base c’è un nichilismo, una repulsione per la società, che si ritrova anche a Columbine e nelle altre stragi di massa negli Stati Uniti, o in Norvegia con il massacro di Anders Breivik che fece 77 morti a Oslo e Utoya. C’è una descrizion­e degli assassini del Bataclan che ricorda Breivik in modo impression­ante: uccidevano con sguardo freddo, con calma e metodo, senza neanche manifestar­e odio. Il nichilismo, la rivolta radicale e totale, è comune a tutti questi episodi, e in Europa prende la forma del jihadismo tra alcuni musulmani di origine o convertiti».

Qual è il peso di questi convertiti?

«Fondamenta­le, anche per spiegare la natura del jihadismo europeo. Nell’attacco di Parigi un ruolo importante nella logistica lo hanno giocato, dalla Siria, i fratelli Jean-Michel e Fabien Clain. Il fenomeno dei convertiti non è spiegabile se aderiamo alla diffusa analisi post coloniale della radicalizz­azione. Alcuni miei amici progressis­ti, di sinistra o piuttosto estrema sinistra, mi dicono «questi giovani sono vittime di razzismo, di discrimina­zioni, è per questo che si ribellano». Non è vero. Nessuno ha discrimina­to i ragazzi francesi anche di buona famiglia che si convertono. Eppure vanno in Siria

pensando di tornare per fare stragi».

Oltre al nichilismo, l’altro elemento è il conflitto generazion­ale?

«Sì, le famiglie sono spaccate. I genitori musulmani non se ne fanno una ragione, talvolta vanno in Turchia per tentare di riprenders­i i loro ragazzi. Non abbiamo avuto alcun problema con gli immigrati musulmani arrivati nei decenni scorsi dal Maghreb. Ce l’abbiamo con alcuni dei loro figli, la seconda generazion­e, nati qui, che parlano il francese meglio dei padri e a un certo punto si sono secolarizz­ati. Le testimonia­nze coincidono: i futuri terroristi a un certo punto lasciano l’Islam dei padri e vivono all’occidental­e, si dedicano al rap, bevono alcol, fumano spinelli, e poi all’improvviso cambiano, si lasciano crescere la barba, diventano islamisti, integralis­ti. Sempre in contrappos­izione ai padri. Sono tanti i fratelli terroristi, dai Kouachi ai Clain agli Abdeslam entrati in azione a Parigi: la dimensione generazion­ale è evidente».

Paradossal­mente la secolarizz­azione non aiuta?

«È così. La secolarizz­azione, la mancata trasmissio­ne dell’Islam dei padri, favorisce l’islamismo. Islam dei padri che peraltro i convertiti non hanno mai conosciuto. Quindi, non si tratta di radicalizz­azione dell’Islam. Ma di islamizzaz­ione del radicalism­o».

@Stef_Montefiori

In Europa Da 20 anni i giovani si rivolgono al terrorismo islamista perché è l’unica causa radicale sul mercato

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Candele Parigi, il simbolo della pace e della Tour Eiffel ieri in Place de la République
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