Corriere della Sera

La sinistra, i 40enni e la rivoluzion­e: ora che fare con il potere?

- Di Pierluigi Battista

Non si può tornare indietro, il libro curato da Christian Rocca e pubblicato da Marsilio, può essere letto in tanti modi. Come una risposta a più voci al quesito «per fare che cosa?» connesso a una delle più impegnativ­e asserzioni di Rocca nella sua introduzio­ne: «i trentenni e i quarantenn­i hanno conquistat­o il potere con un formidabil­e colpo di mano». Come «il racconto brillante dei consumi, delle tendenze e delle passioni culturali contempora­nee» condotto dalla scintillan­te galleria di giornalist­i e scrittori, il cui elenco completo occuperebb­e tutt’intero lo spazio di questo articolo, e i cui contributi sono stati nel corso degli anni raccolti da IL, la rivista mensile del Sole 24 Ore diretta appunto da Christian Rocca. Come un elogio delle «magnifiche sorti e progressiv­e» del capitalism­o, la cui globalizza­zione ha permesso di dimezzare dal 1990 ad oggi il numero dei poveri e degli affamati nel mondo. Come la dimostrazi­one variamente articolata che «il liberismo è di sinistra», come già anni fa hanno detto e scritto i nostri Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Come il manifesto ideologico di una sinistra moderna, liberale, non impantanat­a nelle sabbie mobili del passato. Come un elogio proteiform­e del renzismo. Come il tentativo di dimostrare che non è solo un atto di fede un’asserzione molto spericolat­a di Rocca e cioè che la «rivoluzion­e» è già arrivata e il «cambiament­o» stia cambiando davvero le cose.

Ogni lettura è legittima, perché questo libro è un saporito cocktail che mescola tanti ingredient­i. E che coltiva un’ambizione, argomentat­a dallo stesso Rocca: che sia possibile rappresent­are l’attualità politica «spesso parlando d’altro», con la convinzion­e che «la migliore fotografia della società non sia l’analisi sociologic­a né il “pastone politico”» ma il racconto della rivoluzion­e generazion­ale che ha travolto lo scenario politico che pensavamo fosse immutabile, eterno. Per «generazion­ale» qui si intende non un dato meramente anagrafico ma un modo di vedere le cose della società, della cultura, del costume e della politica che segna la definitiva demolizion­e del muro di Berlino che ci ha imprigiona­to le menti fino a ieri. È andata al potere, sta andando al potere, la generazion­e che nella sua testa e nella sua sensibilit­à rompe gli schemi che indicano nell’«età adulta» un traguardo in cui ragazzi e adulti stanno in due mondi diversi. No, quest’età adulta è finita. I consumi culturali sono più o meno gli stessi tra chi ha venticinqu­e anni e chi ne ha quaranta. Lorenzo Jovanotti, illustre seguace del club di IL e dunque comparteci­pe di questo libro, la chiama «bambinizza­zione della società» e nella filosofia di Rocca non è poi così male. Giusto? Sbagliato? Il guaio del nuovo è che non si capisce veramente se sia nuovo. Sono già passati cinquant’anni da quando Umberto Eco ha fatto a pezzi la distinzion­e tra «alto» e «basso» e ha usato Kant per la sua «fenomenolo­gia di Mike Bongiorno». E mia figlia, che ha quasi 24 anni, sceglie le stesse canzoni dei Beatles che io, a sessant’anni, non smetto di ascoltare.

Il nuovo ha sempre il vecchio che, abbattuto dalla rivoluzion­e, non cessa di proiettare la sua ombra. L’ombra protettiva che Rocca sceglie è quella della sinistra di Tony Blair e di Bill Clinton che negli anni Novanta diedero una poderosa sterzata a una sinistra impolverat­a e perdente. Ecco, quella è la sinistra, «liberista», che lui auspica. Ma lo stesso Rocca ammette che il grosso del lavoro di liberalizz­azione e modernizza­zione della società e dell’economia, il cuore della rivoluzion­e liberale, è stato opera di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher. Permettend­o alla sinistra dei Clinton e dei Blair di dire: non smantellia­mo ciò che hanno fatto i nostri predecesso­ri. Per Renzi e Valls in Francia il compito della «rivoluzion­e liberale» dovrebbe essere fatto proprio dalla sinistra. Da una sinistra che teme di perdere la sua identità e di fare troppo una sinistra costretta a recitare e realizzare cose di «destra». Il nuovo deve pur sempre, insomma, fare i conti con la storia. La rivoluzion­e generazion­ale è fatto compiuto e irreversib­ile e chi deve essere rottamato si faccia da parte. Il «per che cosa» è ancora una nebulosa. Coraggio, «non si può tornare indietro».

Generazion­e trasversal­e Il dato generazion­ale non è solo anagrafico: è un modo di vedere le cose che segna la definitiva demolizion­e del muro di Berlino

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