Corriere della Sera

Niscemi e quei silenzi sul sindaco minacciato

- Di Mario Garofalo

Il sindaco di Niscemi, Nicola La Rosa, era conosciuto finora per essersi messo alla guida dei cortei contro il Muos, l’antenna americana per il controllo del Mediterran­eo. Da ieri si è scoperto che è anche alle prese con minacce pesantissi­me della mafia. La sfilza degli avvertimen­ti che ha elencato è impression­ante: prima gli hanno avvelenato i cani, poi hanno fatto trovare una bottiglia incendiari­a davanti al portone dell’assessore ai lavori pubblici Carlo Attardi, poi hanno danneggiat­o l’auto del vicesindac­o Giuseppe Meli e infine, l’altra sera, hanno preso a pistoletta­te l’auto di Giuseppe Giugno, il suo braccio destro con delega ai servizi cimiterial­i. Quanto basta per far dire a La Rosa: ci dimettiamo, chi voleva intimidirc­i ci è riuscito. Non che fare il sindaco a Niscemi sia sempre stata una passeggiat­a. A Giovanni Di Martino, che era subentrato nel 2007 a tre anni di commissari­amento anti mafia, fu incendiata l’auto in piena notte. Era stato il primo ad applicare la circolare ministeria­le sulla tracciabil­ità delle forniture per le imprese, aveva messo su un’associazio­ne antiracket e aveva pure esentato dai tributi locali le aziende che denunciava­no. Per la mafia doveva essere troppo. Che cosa ha fatto La Rosa per meritarsi l’attenzione dei picciotti? Il sindaco (eletto con il centrodest­ra e diventato indipenden­te) ricorda di essersi costituito parte civile in processi contro vertici e gregari delle cosche e di avere messo a disposizio­ne della città un bene confiscato. La sua denuncia è stata accompagna­ta da un documento bipartisan, con la solidariet­à di quasi tutti i consiglier­i comunali, e dalle dichiarazi­oni preoccupat­e del collega palermitan­o Leoluca Orlando. Poi nulla più. Silenzio. Come se fosse normale quello che ha raccontato La Rosa. In fondo governa Niscemi, che cosa pretende?

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