Corriere della Sera

Violenza sulle donne il giorno di denuncia e Raffaella uccisa dal marito

- di Elvira Serra @elvira_serra

C’è da chiedersi come sia stato possibile. Perché una donna come lei abbia aspettato tanto, gli abbia dato fiducia ancora e ancora. Fino a ieri, quando lui l’ha ammazzata con uno dei suoi fucili da caccia al termine di una lite, non si sa ancora se esplodendo uno o due colpi. Raffaella Presta aveva quarant’anni, era originaria del Brindisino. Avvocato penalista, si era specializz­ata in diritto di famiglia. Era mamma da sei anni, aveva molte amiche. Le stesse che a giugno, quando lui le aveva rotto un timpano, le avevano detto di denunciarl­o. Perché non era stato un episodio isolato. Francesco Rosi, 43 anni, agente immobiliar­e, il padre di suo figlio, l’aveva picchiata altre volte. Forse è stato il senso di vergogna: suona come una sconfitta un avvocato che subisce maltrattam­enti in casa. Una volta, due volte, molte volte. Erano sposati da vent’anni, Raffaella e Francesco, e vivevano in una villetta vicino alla stazione di Perugia. È stato lui a chiamare i carabinier­i quando lei era in terra, ancora in vita. «Venite, ho fatto una cosa grave a mia moglie». Dopo, non ha saputo spiegare, in stato confusiona­le. E in Procura, dopo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non è chiaro se il bambino fosse in casa, ma non avrebbe assistito al delitto. Il comandante provincial­e dei carabinier­i, Cosimo Fiore, ha raccontato che l’omicidio è stato scatenato da «futili motivi». Francesco non era più disposto a parlare, a confrontar­si: sua moglie doveva restare soltanto sua. Suona come una beffa questo ennesimo omicidio nella giornata internazio­nale contro la violenza sulle donne, quasi non ci fosse antidoto al femminicid­io, l’omicidio della donna in quanto donna. Raffaella Presta viene ricordata come una persona «preparata, seria e scrupolosa». La presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, ha detto che «dobbiamo fermare questa strage delle donne uccise solo perché donne da uomini che dovrebbero garantire relazioni civili, affettive ed umane». Il suo pensiero, poi, è andato «a quel piccolo bambino di appena sei anni che si trova la mamma uccisa da chi avrebbe avuto il dovere di proteggere entrambi». Per il sindaco di Perugia, Andrea Romizi, «la violenza tra le mura domestiche, spesso per mano di persone vicine alla vittima, è ormai un’emergenza sociale che pare inarrestab­ile». Invece no, così non deve essere.

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