IL SILENZIO DEI POLITICI SUL PROCESSO IN VATICANO
Se c’è una cosa che i politici non negano mai a nessuno è una dichiarazione di solidarietà. Il che rende ancora più sconcertante il silenzio di governanti, capibastone e perfino peones di partito, al cospetto della vicenda che vede coinvolti Emanuele Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi. Due cittadini italiani inquisiti con modalità assolutamente pretestuose da una magistratura estera per aver rivelato nei loro libri fatti, peraltro mai smentiti, di assoluto interesse pubblico per tutti coloro che si professano cattolici: almeno un miliardo di persone. Anche senza voler rispolverare i fantasmi dell’Inquisizione, non c’è dubbio che il rinvio a giudizio disposto dai giudici vaticani per due giornalisti accusati solo di aver fatto il proprio lavoro emani uno sgradevole odore di Cancelleria e roghi di libri messi all’Indice. Tanto più perché i nostri concittadini sono privati di alcuni diritti fondamentali della difesa previsti in uno Stato democratico. Non possono essere rappresentati al processo da avvocati di fiducia, ma esclusivamente da quelli che seguono le cause davanti alla Sacra Rota. Né possono leggere le carte al di fuori degli uffici dei legali, meno che mai averne copia. Dulcis in fundo, è già previsto che la sentenza venga emanata entro l’8 dicembre, data d’inizio del Giubileo. La condanna dunque appare già scritta. Su questa farsa non serve spendere altre parole. Dobbiamo invece farlo ancora sull’assordante silenzio dei nostri politici, così loquaci e striduli davanti alle telecamere dei talk show quando si litiga sul nulla. Un silenzio certo per qualcuno dettato da chissà quale calcolo, forse per altri dal momento particolare, e magari per altri ancora dalla sudditanza mai riposta nei confronti delle gerarchie clericali. Ma che ha il solo risultato di offendere sonoramente la nostra Costituzione. Dove, per chi non lo sapesse, c’è scritto: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero…».