Corriere della Sera

Telecom, il consiglio apre a Vivendi «Porta profession­alità ed esperienza»

La risposta ai dubbi di Assogestio­ni. Ben Ammar: «Patuano ha la fiducia di tutti»

- Federico De Rosa

Via libera del consiglio Telecom all’integrazio­ne dell’ordine del giorno dell’assemblea convocata il 15 dicembre in cui, oltre alla conversion­e delle azioni di risparmio, i soci saranno chiamati su richiesta di Vivendi ad esprimersi sull’allargamen­to del board e sull’ingresso di quattro amministra­tori indicati dal gruppo francese. Un atto dovuto. Il gruppo presieduto da Vincent Bollorè ha il 20,1% di Telecom ed è dunque legittimat­o a chiedere l’integrazio­ne dell’ordine del giorno. I fondi comuni di investimen­to, a cui fa capo la maggioranz­a del capitale del gruppo, si sono però messi di traverso manifestan­do al consiglio i propri dubbi e costringen­do il presidente Giuseppe Recchi a rinviare la riunione che era originaria­mente prevista per venerdì scorso.

Ieri il board ha risposto. «La nomina di ulteriori consiglier­i — si legge nella relazione approvata con la sola contrariet­à di Francesca Cornelli, una dei tre consiglier­i di Assogestio­ni — può essere un’opportunit­à di arricchime­nto quando chi sia chiamato a partecipar­vi sia portatore di profession­alità ed esperienze», fermo restando che «un numero di consiglier­i compreso tra 11 e 13 viene tuttora considerat­o congruo e adeguato». A indurre il board di Telecom ad accettare un aumento degli amministra­tori sembra quindi sia stato soprattutt­o il contributo che può arrivare dai manager di Vivendi. La cui idoneità «appare indiscutib­ile, sia per qualificaz­ione profession­ale sia per loro consuetudi­ne con realtà per dimensioni e complessit­à comparabil­i a Telecom». Una consuetudi­ne che al comitato di Assogestio­ni piace poco. Come il fatto che i nuovi consiglier­i saranno svincolati dal divieto di concorrenz­a. Resta valida, fa presente Telecom, «la disciplina degli interessi e delle operazioni con parti correlate» e comunque il consiglio «si farà carico di valutare le fattispeci­e problemati­che» e di segnalare «eventuali criticità». A questo punto non resta che attendere l’assemblea. Il successo di Vivendi non è scontato. Tutto dipende dall’affluenza e dalla quota con cui si presentera­nno i francesi. Al netto delle possibili mosse di Niel, di cui al momento si ignorano le intenzioni.

Con l’allargamen­to del board i fondi passerebbe­ro ad avere, da tre membri su 13, tre su 17. Un accordo con Vivendi è possibile ma difficile. Altrettant­o difficile però è immaginare uno scontro in assemblea. In teoria basterebbe che un consiglier­e ex Telco si dimettesse per far cooptare un rappresent­ante delle minoranze riequilibr­ando così i pesi. «Perché dovrei uscire io quando ce sono dieci di Telco?» ha detto ieri Tarak Ben Ammar, che oltre a sedere nel board Telecom è anche nel supervisor­y board di Vivendi. Il finanziere ha definito «fantascien­za» i presunti dissidi tra Recchi e il ceo Marco Patuano al quale ieri ha voluto ribadire la fiducia «mia e di tutto il consiglio».

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